Cultura

Un secolo decisivo attraverso la vita privata e il costume degli italiani

Un secolo decisivo attraverso la vita privata e il costume degli italianiUn'immagine dal film "Poveri ma belli" diretto nel 1957 da Dino Risi

Scaffale «Novecento italiano», a cura di Lorenzo Benadusi, Claudio Giunta ed Elena Papadia, per il Mulino

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 8 giugno 2024

La storiografia ha preso in esame il Novecento analizzandone gli ambiti più diversi e le tante sfaccettature: dal momento che esso è stato certamente il secolo delle masse, dei regimi totalitari, delle religioni politiche, del welfare state, della democrazia. Ma si è anche trattato di un’epoca caratterizzata dalla violenza pianificata e dal verificarsi di fenomeni in reciproca, radicale contrapposizione: barbarie e progresso scientifico, genocidi e processi di decolonizzazione, persecuzioni e universalizzazione dei diritti.

C’è stato tuttavia un Novecento italiano, che Lorenzo Benadusi, Claudio Giunta ed Elena Papadia – i curatori di questa pregevole raccolta di saggi data recentemente alle stampe dal Mulino (Effimero Novecento, pp. 366, euro 28) – definiscono «effimero», nel corso del quale l’esistenza dei singoli individui è cambiata nelle sue manifestazioni più consuete: quelle cioè relative ai consumi, ai costumi, alla mentalità.

SI È TRASFORMATA, in altri termini, la vita privata dei nostri connazionali – tanto uomini quanto donne: il loro modo di pensarsi, vestirsi, vivere il corpo e la sensualità, arredare la casa, trascorrere il tempo libero, guardare la televisione, seguire la pubblicità. Occorre sottolineare come gli autori dei vari contributi abbiano concentrato la propria attenzione sul giornalismo di costume, che ha consentito loro di descrivere tanto i mutamenti quanto le costanti che hanno connotato la nostra quotidianità tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta del secolo successivo: Effimero Novecento traccia una sintesi relativa all’evoluzione del costume italiano che ha avuto luogo con ragguardevole rapidità, poiché la sfera privata ha reagito ai cambiamenti che si sono prodotti in quella pubblica seguendone il ritmo, assorbendone gli stimoli, adeguandosi alle sue dinamiche e alla molteplicità dei suoi impulsi.

Va osservato al riguardo, insomma, come una media esistenza novecentesca sia stata sottoposta a una quantità di sollecitazioni che le medie esistenze vissute nei secoli precedenti non hanno conosciuto. A interessare i curatori è stato pertanto «il modo in cui gli italiani hanno reagito ai mutamenti che nel breve arco di una vita hanno plasmato le loro abitudini, il loro carattere, il paesaggio mentale e materiale nel quale erano immersi». E ancora più interessanti i tre studiosi hanno trovato «le parole e le strategie retoriche» che i nostri connazionali hanno scelto e utilizzato per raccontarsi.

Giacché di questo si tratta: attraverso le cronache mondane, gli articoli usciti sulle riviste di arredamento, i testi delle campagne pubblicitarie e anche la posta dei lettori pubblicata nei vari giornaletti semipornografici, gli autori hanno avuto la possibilità di guardare i fenomeni non da fuori o dall’alto, ma dal basso e da dentro.

SONO COSÌ RIUSCITI a raccontare il racconto altrui attingendo in particolare al giornalismo di costume che, pur considerato un genere minore, ha saputo cogliere aspetti della realtà che sono talvolta sfuggiti allo sguardo sia dei commentatori più autorevoli sia a quello dei sociologi e degli antropologi. Un genere che non è mai stato annoverato tra le principali fonti storiografiche ma che, se studiato in maniera sistematica, consente di individuare profili poco noti del nostro carattere nazionale e dei mutamenti che esso ha subito nel corso del ventesimo secolo. E che ha molto da dirci anche a proposito delle grandi questioni attinenti alla storia italiana del Novecento.

Sono riflessioni, quelle della cronaca mondana, che nascono dall’osservazione diretta degli oggetti, dei comportamenti, degli spazi vissuti nella quotidianità, delle folle e delle élite: le cose viste, riportate in maniera talora magistrale da autrici del calibro di Irene Brin e Camilla Cederna, Anna Maria Ortese e Oriana Fallaci, Anna Banti e Maria Bellonci, che ci forniscono una prospettiva per nulla banale sul modo in cui il nostro paese ha imboccato e percorso le vie della modernità. Un itinerario lungo e accidentato ma – alla luce delle sue numerose diramazioni e stratificazioni – davvero appassionante.

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