De rusticis
De rusticis
ExtraTerrestre

Un saggio umoristico molto serio sul contadino dei nostri tempi

Agricoltura De Rusticis di Massimiliano Falavigna (Temperino rosso, 14 euro)
Pubblicato 23 giorni faEdizione del 12 settembre 2024

Lo sguardo dell’Homo urbanus su chi lavora in agricoltura è infarcito di stereotipi di opposta natura: l’antipatico e soprattutto sbagliatissimo «braccia strappate all’agricoltura» (che è uno dei mestieri più aleatori, sfaccettati e complicati che esistano) oppure il sognante «che bello come siete fortunati all’aria aperta sotto il sole e tutto così concreto…».

LUOGHI COMUNI SMONTATI dal saggio De Rusticis di Massimiliano Falavigna, imprenditore agricolo a Isola della Scala nel veronese e laureato in lettere. Questo «saggio umoristico sul contadino moderno» è sì pieno di humour ma anche serissimo perché tale è l’agricoltura, «un mondo fatto di incertezza, sofferenza, inquietudine, levatacce, sudore e polvere». Oggi molto è cambiato, ma «la terra è rimasta a chi ha ancora il coraggio e la voglia di occuparsene – nonostante i prezzi di mercato scandalosamente bassi, i costi di produzione sempre più alti, le condizioni ambientali sempre più avverse a causa del riscaldamento globale – insieme a schiere di nuovi disperati provenienti da paesi poveri, senza di loro gran parte delle aziende agricole in Europa chiuderebbero».

TUTTO MENTRE IL LAVORO agricolo gode ormai di scarsa considerazione sociale ed economica, perché nella società occidentale attuale, il cibo è un fatto scontato, per la prima volta nella storia umana.

IL LIBRO SI DIVIDE in due parti. Nei primi 4 capitoli, dissertazioni filosofiche e riflessioni umoristiche su campagna e vita agreste. Nella seconda parte, ritratti del contadino, con le sue «dieci leggi», tra gioia e paura, diffidenza e speranza, pessimismo e fiducia, cadute e risalite. Il lavoro all’aria aperta? Significa avere a che fare con eventi incontrollabili. Il contatto con la natura? Gli esseri viventi sono impegnati in una eterna lotta tutti contro tutti per proseguire la specie; e per certi versi anche il contadino si trova «nella categoria delle prede». Lavorare sotto il sole? L’estate, «altro che bella stagione», è una sofferenza: insieme al caldo, gli insetti, le ustioni, l’afa soprattutto in pianura.

UNA DELLE LEGGI del contadino è «non si butta via niente, mai», così quando si guastano le macchine (le quali certo hanno risparmiato immani fatiche umane e animali) si inizia dal rabbercio autogestito, per passare al rivenditore (scafato) di pezzi usati, ai fabbri e ai meccanici di fiducia. Tutte figure peculiari, come del resto i coadiuvanti agricoli nelle tante accezioni – zii, studenti, pensionati, cugini, casi umani…).

E IL RAPPORTO CON le istituzioni, spesso ritenute mangiasoldi, magna schei? Molto problematico e faticoso quello con politici, controllori e assicuratori, un po’ meglio con il sindacato di settore. Particolare il concetto di sicurezza, quella imposta dalle norme, con obblighi impossibili – come indossare protezioni a 40° all’ombra e non mettersi in pericolo.

IL BISOGNO DI «accaparrarsi la fondamentale benevolenza climatica spinge il contadino dall’alba dei tempi a propiziare l’evento meteorologico desiderato con riti, usi e costumi». La danza della pioggia accomuna molti popoli; dopo i politeismi, i riti si esprimono nella devozione ai santi. San Leonardo protegge dalla grandine. San Carlo Bon aiuta i frutteti. San Vincenzo ha competenza sui vigneti. E siccome i tentativi laici di prevedere il meteo a volte non funzionano, il pessimismo cosmico del contadino è superiore a quello di Giacomo Leopardi e al pendolo di Schopenauer (che oscilla fra dolore e noia). E’ il pessimismo agreste della legge di Murphy. Ci si mette anche il fatto che il contadino per secoli ha rappresentato l’ultimo gradino della società. Ha visto inondazioni siccità cavallette grandine prendersi gioco di lui. E’ stato mandato in guerra o ha subito espropri a favore dei soldati, e così guarda tutto con delusione e aspettandosi il peggio.

«MA ALLORA CHI TE LO FA FARE?». Per l’autore e agricoltore, la campagna è una dipendenza che, a differenza dell’alcolismo, può dare grandi soddisfazioni. Negli ultimi decenni la professione agricola si è molto trasformata, la tecnologia ha tolto pesi dalla schiena. «Scompare una parte della fatica patita dai nostri avi, resta il problema della paura». Degli agenti atmosferici, dei prezzi. Si va avanti anche per sfida. Ogni anno una diversa. Anzi, sempre più d’una.

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