Un racconto di intime complicità
Scaffale «Luis Sepúlveda. il ribelle, il sognatore» di Bruno Arpaia, per Guanda. Si restituisce l’intreccio di una vita così ricca da sembrare un romanzo: dall’infanzia a contatto con la cultura Mapuche alla militanza politica fino all’esilio in Europa
Scaffale «Luis Sepúlveda. il ribelle, il sognatore» di Bruno Arpaia, per Guanda. Si restituisce l’intreccio di una vita così ricca da sembrare un romanzo: dall’infanzia a contatto con la cultura Mapuche alla militanza politica fino all’esilio in Europa
Bruno Arpaia ha scritto un libro toccante, un racconto intimo che ci regala frammenti di un’amicizia intensa e la storia della vita di un uomo straordinario, giornalista e scrittore tra i più letti di sempre, Luis Sepúlveda.
L’amicizia tra i due è durata un quarto di secolo, dal primo incontro alla Semana Negra di Gijon, a metà degli anni Novanta. Fu in quella occasione che Sepúlveda, firmando un autografo ad Arpaia, gli disse: «Chiamami Lucho. È così che mi chiamano gli amici. E io e te, a pelle, saremo grandi amici». Lo sono rimasti per sempre, fino alle 10.42 del 16 aprile 2020 quando, scrive Arpaia, «è arrivato il messaggio che non avremmo mai voluto ricevere»: Lucho era morto nell’ospedale di Oviedo, nelle Asturie, in Spagna. Il giorno dopo il manifesto titolò la prima pagina «Alla fine del mondo».
ARPAIA DEDICA all’amico una lunga lettera d’amore, Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore, in libreria per Guanda (pp.176, euro14). Riavvolgendo il nastro delle tante chiacchierate, fumando sigarette o spostandosi in macchina tra una presentazione e un festival, mangiando insieme nella casa di Luis in Spagna o in un ristorante italiano (fino all’ultimo incontro a Milano, alla festa in occasione dei 70 anni di Sepúlveda, nell’ottobre del 2019), l’autore restituisce l’intreccio di una vita talmente ricca da sembrare un romanzo: dall’infanzia a contatto con la cultura Mapuche al periodo trascorso in Amazzonia con gli Shuar, dalla militanza politica giovanile alla guardia privata di Salvador Allende, dalla prigionia e dalla tortura all’esilio in Europa passando per l’impegno ambientalista sulle baleniere con Greenpeace a quello nel Nicaragua sandinista, a cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta.
Sono storie lette, in forma di romanzo o di racconto o di favola, nei libri che – a partire dalla fine degli anni Novanta – sono arrivati anche in Italia, tradotti e pubblicati da Guanda. Quelli che hanno aiutato a sognare una generazione.
Per Sepúlveda, scrive Arpaia, «la letteratura era, come per gli Shuar, come per i suoi antenati Mapuche, riunirsi attorno al fuoco o sulla riva di un fiume e raccontare ad alta voce gli avvenimenti della giornata o quelli del passato, facendo esistere le cose nominandole» e «la scrittura era il potere di conservare intatti i sogni senza dimenticarli».
ANCHE L’AUTORE, per rappresentare la vita dell’amico, illuminata dall’amore intenso nei vent’anni per Carmen e dall’amore intenso e ritrovato per la stessa donna negli anni Novanta, ha ripreso in mano libri, interviste e articoli scritti da Lucho. E – con questo libro – invita anche anche altri lettori e lettrici a farlo, perché anche se «a volte si lasciava trasportare dall’entusiasmo e infiocchettava le sue storie di particolari non completamente credibili lo si perdonava subito perché la grazia, l’ironia, la passione, la tenerezza, la forza – anche politica – di quei racconti sapevano conquistare chiunque».
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