L’uso dei pesticidi tossici in agricoltura è coperto dall’assoluta mancanza di trasparenza, per questo «non ha precedenti in Europa» l’analisi diffusa a fine gennaio dall’Umweltinstitut, organizzazione ambientalista di Monaco di Baviera, su quello che accade nei meleti dell’Alto Adige. È basata, infatti, sui dati relativi all’uso dei pesticidi dei frutticoltori altoatesini che nel 2017 avevano mosso querela per diffamazione, unitamente all’assessore provinciale all’Agricoltura, contro l’Umweltinstitut.

Sul banco degli imputati era finito Karl Bär, oggi deputato dei Verdi tedeschi. Il «Processo pesticidi» si è chiuso nel 2022 con l’assoluzione di Bär, lasciando in regalo all’Umweltinstitut l’accesso ai dati, sequestrati dalla Procura di Bolzano in qualità di prova.

Si tratta dei registri dei trattamenti di 681 aziende agricole operanti su 3.124 ettari di superficie produttiva, oltre la metà di quella melicola complessiva della Val Venosta. Nella stagione di coltivazione 2017 ogni meleto è stato trattato con principi attivi provenienti da chimica di sintesi in media 38 volte. Il dato si riferisce al numero delle singole applicazioni dei principi attivi. Molti principi attivi presenti nei pesticidi più comunemente utilizzati sono classificati dall’Ue come «potenzialmente dannosi per la riproduzione», come il Penconazolo, il Fluazinam e il Fosmet.

Principi attivi come il Bupirimate e il Captano sono classificati come «potenzialmente cancerogeni». Anche il Glifosato è presente come sostanza attiva nei pesticidi più comunemente utilizzati. In quasi un quarto dei trattamenti antiparassitari analizzati sono stati impiegati principi attivi considerati particolarmente dannosi per gli insetti utili, come impollinatori e antagonisti.

Su un totale di 83 principi attivi utilizzati, 17 erano già presenti nell’elenco ufficiale dei candidati alla sostituzione dell’Ue nel 2017.

L’Umweltinstitut München, che sostiene al 100% l’agricoltura biologica, chiede di vietare i pesticidi chimici di sintesi in tutta l’Ue entro il 2035 e una riduzione dell’uso dell’80% entro il 2030.

In Alto Adige imeleti si estendono su circa 18 mila ettari e nel 2021 hanno prodotto circa 935 mila tonnellate di mele. I dati pubblicati, pur relativi alla sola Val Venosta, forniscono un quadro dirompente in merito alle pratiche agricole impiegate nella coltivazione intensiva di mele. Un’analisi comparabile e dettagliata sull’effettivo utilizzo dei pesticidi in un territorio, che non ha precedenti in Europa. Christine Vogt, una delle autrici dell’indagine e referente per l’agricoltura dell’Umweltinstitut: «Molti dei pesticidi più frequentemente utilizzati possono essere potenzialmente dannosi per la riproduzione umana o cancerogeni. L’erbicida totale glifosato, che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms ha classificato come “potenzialmente cancerogeno”, risulta essere il quinto più comunemente impiegato nei meleti. È stato rilevato anche il clorpirifos metile, attualmente vietato, pericoloso perché può causare disturbi dello sviluppo neurologico dei bambini in stato embrionale».

Le aziende melicole convenzionali dell’Alto Adige operano secondo le linee guida del Gruppo di lavoro per la frutticoltura integrata (Agrios), «ma la nostra analisi mette in luce un impiego così elevato di questi agenti chimici porta a chiederci se la certificazione “frutticoltura integrata” non serva principalmente a scopi di marketing» sottolinea Fabian Holzheid, direttore dell’Umweltinstitut che chiede, tra le altre cose, l’immediato divieto dell’uso dei pesticidi più pericolosi e degli erbicidi nei frutteti altoatesini.

Anche perché sui dati successivi al 2017 torna il buio pesto: «Non possiamo fornire alcuna dichiarazione in merito alla quantità e al numero di irrorazioni in Val Venosta nel 2021 o nel 2022 perché i dati non sono disponibili in maniera trasparente» ha risposto all’ExtraTerrestre Christine Vogt, una delle autrici dell’indagine e referente per l’agricoltura dell’Umweltinstitut.