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Un popolo di narcisisti inquieti per la guerra, risparmiosi e malati di benessere

Un popolo di narcisisti inquieti per la guerra, risparmiosi e malati di benessere

Economia «Un piccolo miglioramento macroeconomico trova riscontro nel quotidiano degli italiani, ma non basta per tranquillizzarli»

Pubblicato 27 giorni faEdizione del 12 settembre 2024

Come sempre quella miniera di dati che è il Rapporto Coop-Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani è una fotografia piuttosto ansiogena che puntando su indicatori apparentemente secondari – invece ahinoi siamo ridotti a ciò che consumiamo – racconta come interferisce con le nostre vite il contesto che viviamo. E anche l’edizione 2024 presentata martedì scorso a Milano non può dipingere un quadro a tinte pastello.

SIAMO IN BILICO SUL BARATRO della guerra, anzi sembra che ci siamo caduti dentro (il 55% della popolazione vorrebbe reintrodurre la leva obbligatoria, il 65% ritiene necessario buttarsi in un conflitto se la Nato lo richiedesse e il 15% invierebbe truppe). Preoccupa, ma le risposte sembrano più rituali, anche il cambiamento climatico e, più in generale, il rapporto sottolinea un «paese inquieto» che ha meno fiducia del futuro (- 4 punti in due anni). Soprattutto tra i giovani, forse i più lucidi di tutti.

EPPURE QUESTO «SENTIMENT», spiega il rapporto, fa a pugni con il fatto che il potere di acquisto ha recuperato i livelli pre-Covid. Insomma, in tasca abbiamo qualche soldino in più (ma i prezzi sono impazziti). «Sono diminuiti gli italiani che hanno vissuto situazioni di disagio profondo (lo ammettevano 20 milioni di persone nel 2022 rispetto ai 12 milioni di oggi)», e «le famiglie in difficoltà ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro passano dal 45% del 2023 al 33%». Questa tenuta economica però (con differenze geografiche) costringe a lavorare di più, e male.

MA VENIAMO AL DUNQUE. Come questo quadro influenza i consumi? Male, nonostante qualche moneta in più. La parola chiave che deprime quasi tutti i comparti è: «Risparmio». Gli italiani vogliono spendere meno (75% degli intervistati). Esempio: in 15 milioni nel 2024 hanno rinunciato all’auto nuova. Questa poi ha del miracoloso: smartphone e prodotti tecnologici piacciono meno (calo del 6% di vendite). Altra buona novella, e dispiace per i venditori: vanno i prodotti di seconda mano e salgono in percentuale le persone che riparano gli oggetti invece che ricomprarli nuovi (+26%). Il rapporto dice che si assiste a una rivalutazione della dimensione personale (famiglia, affetti) e che le mutate priorità comportano «uno strisciante de-consumismo». Vince la frugalità, e il lusso sfrenato continua ad essere prerogativa di pochi.

NE BENEFICIANO DUE SETTORI che cataloghiamo sotto la voce «benessere»: la deriva narcisistica del culto del corpo – oltre a nascondere ansia – aumenta la propensione alle diete, alla cosmesi (una «ossessione»), alle operazioni di chirurgia estetica, alla sanità privata e ai prodotti dimagranti. Infine, nota positiva per chi si occupa di grande distribuzione, si impone una «dimensione olistica» del cibo (anche qui c’entra il presunto «benessere»). Che significa? Meno cibo ma di qualità, sale il bio e tengono i prodotti di stagione e la ricerca della «freschezza e della qualità». Sempre a una condizione però, tenere d’occhio i prezzi: crescono gli acquirenti dei prodotti a marchio e anche i profitti degli hard discount. E sono soprattutto i giovani ad avere problemi di portafoglio.

I VERTICI DI COOP ITALIA, dopo i foschi scenari dell’era pandemica, tirano un piccolo sospiro di sollievo: «Lo stop alla caduta dei volumi di largo consumo è senz’altro positivo, ma lo scenario dei consumi rimane ancora debole e caratterizzato da grande volatilità».

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