Nel magazzino entra prima Mimmo. Dentro ci sono gli «spaccaossa» ad aspettarlo. Francesca aspetta fuori il suo turno fuori mentre l’amico subisce la tortura. I due sono le vittime selezionate dalla banda per simulare l’ennesimo incidente stradale. Francesca racconta agli investigatori l’orrore: «Mi spiegano che se fossi stata disposta a farmi rompere un solo arto avrei potuto riscuotere subito 300 euro; se mi fossi fatta rompere un braccio e una gamba avrei potuto incassare 800 euro e se fossi stata disposta a farmi fratturare tutti gli arti mi avrebbero pagato 1000 euro. Mi spiegano che tali fratture sarebbero state precedute da un anestetico che avrebbe reso completamente indolore tutta l’operazione. Più ossa mi facevo rompere, maggiore sarebbe il guadagno per me. Inoltre avrei avuto diritto al 30% del premio totale versato dall’assicurazione, da loro già quantificato in almeno 110.000 euro totali. Decidevo e comunicavo al gruppo che mi sarei fatta fratturare solo una gamba e un braccio».
Uno dei componenti della banda fa diverse iniezioni di anestetico ai due ragazzi. «Subito dopo mi invitano ad uscire dal magazzino perché avrebbero dovuto procurare la frattura al braccio di Mimmo e non volevano che assistessi – racconta la donna – Dopo qualche minuto è uscito Mimmo, che piangeva per il dolore tenendosi il braccio sinistro. A quel punto era arrivato il mio turno ed entravo nel magazzino dove mi facevano distendere sul pavimento bloccandomi il piede destro tra due mattoni. Mi hanno precisato che avrebbero fratturato prima il piede perché era più doloroso, in questo modo il dolore per la frattura del braccio sarebbe stato meno intenso».
Attimi tremendi. «A quel punto – prosegue Francesca – Franco e Salvo sollevavano un peso da palestra, di quelli rotondi che si montano sui bilancieri, e, mentre un ragazzo di 16 anni mi teneva una mano sugli occhi, Franco e Salvo mi lanciavano il peso sul piede. Subito dopo ripetevano la medesima operazione per fratturarmi il braccio».
Francesca viene presa in braccio e adagiata sul sedile anteriore di una Fiat Panda. Il gruppo si sposta con diverse macchine. «Dopo circa dieci minuti di viaggio arrivavamo in una strada abbastanza isolata dove ad attenderci c’era un uomo che era il proprietario di un’autovettura di colore nero che avrebbe simulato un tamponamento del ciclomotore a bordo del quale avremmo simulato l’incidente – riferisce Francesca agli investigatori – Effettivamente il conducente dell’auto nera urtava intenzionalmente il ciclomotore lasciato posteggiato lungo la strada per creare su entrambi i mezzi punti di impatto compatibili con un vero incidente. Subito dopo venivamo entrambi stesi sull’asfalto ed il gruppo si allontanava restando ad una distanza tale da osservare la scena dei soccorsi. Giungevano sul posto due autoambulanze che ci conducevano in due ospedali diversi. Io venivo portata all’ospedale Civico mentre non so dove hanno portato Mimmo».
La donna spiega che nei giorni successivi al ricovero la banda si recava in ospedale per accertarsi che tutto andasse bene e per acquisire la documentazione sanitaria. «Dopo tre giorni infine veniva a trovarmi Luigi Silvestri che mi portava 500 euro, trattenendo arbitrariamente per sé 300 euro. Sono a conoscenza del fatto che tutti i partecipanti hanno ricevuto 500 euro».