Politica

Un piano per non bloccare le camere

Un piano per non bloccare le camere

Il governo dell'emergenza Fico propone una serie di contromisure per impedire un nuovo stallo del parlamento, dopo questa settimana. Il voto a distanza c'è, ma è l'extrema ratio. E destre e renziani restano contrari

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 23 ottobre 2020

A piccoli passi verso la possibilità che anche il parlamento italiano – quello spagnolo e quello inglese lo fanno da tempo – ammetta il voto a distanza in situazioni di emergenza. Almeno come alternativa al blocco delle votazioni, che è quello che si è realizzato questa settimana sia alla camera che al senato. Quando le uniche sedute rilevanti sono state quelle per le comunicazioni del presidente del Consiglio sull’emergenza Covid. E se si sono potute fare è stato solo perché i gruppi hanno rinunciato a mettere ai voti le loro risoluzioni. Nel frattempo Giuseppe Conte spiegava (a Bruno Vespa, partito con le anticipazioni del libro) che da marzo a oggi sta preferendo i Dpcm ai decreti legge per non «intasare il parlamento».

Ieri a Montecitorio, giorno in cui c’erano una sessantina di deputati fuori gioco – 17 positivi e il resto in quarantena – il presidente della camera Fico ha presentato alla giunta per il regolamento una serie di proposte per garantire l’operatività anche nel caso la situazione dovesse peggiorare. In fondo all’elenco c’è per la prima volta anche il voto a distanza. Sul quale però tutta l’opposizione e Italia viva mantengono una totale, e fin qui paralizzante, contrarietà.

Fico, che nei mesi passati è sempre stato contrario al voto a distanza, così come gli uffici di Montecitorio legati alla lettera della Costituzione che parla di deputati «presenti», ha messo in testa alla sua lista di «contromisure» alcune soluzioni organizzative. Come l’alternanza settimanale tra lavori di commissione e lavori d’aula: garantirebbe spazi più ampi per le commissioni e rallenterebbe la frequenza delle plenarie, considerate le occasioni di incontro più a rischio. Altra ipotesi è quella di moltiplicare le sedute a distanza per le commissioni, almeno tutte le volte in cui non sono previste votazioni. La camera deve essere «pronta a ogni evenienza» ha detto Fico e quindi bisognerebbe arrivare a un vero e proprio «diritto parlamentare per l’emergenza», ma ovviamente «occorre partire dalla collaborazione tra i gruppi». Queste proposte, non rivoluzionarie, verranno presentate mercoledì alla prossima conferenza dei capigruppo (l’ultima era stata un focolaio dell’epidemia con quattro contagiati) nella speranza di trovare un’intesa politica. Di voto a distanza si parlerà come extrema ratio, solo per i deputati bloccati a casa dal tampone o dalle quarantene.

Nella giunta per il regolamento il capogruppo di Leu Federico Fornaro ha proposto di fare un altro passo. Senza cambiare il regolamento, ma utilizzando strumenti poco usate come la sede redigente o legislativa per le commissioni. In questo modo in aula non si discuterebbero emendamenti e si terrebbero solo i voti finali sui provvedimenti, limitando la durata delle sedute. Così il voto a distanza sarebbe uno soltanto, quello definitivo, tecnicamente più facile da realizzare e controllare. Un’altra ipotesi avanzata ancora da Fornaro è quella di istituire una commissione speciale sul genere di quella che si insedia all’inizio di ogni legislatura, con una competenza larga. Una specie di parlamento in sedicesimo al quale affidare la conversione dei decreti, da mesi ormai quasi l’unica attività delle camere (non di rado con la fiducia).

Proprio al rapporto tra governo e parlamento in fase di emergenza si dedicherà la prossima settimana la commissione affari costituzionali del senato, chiamando in audizione alcuni costituzionalisti. L’iniziativa istruttoria, nel linguaggio del senato un «affare assegnato», è partita all’unanimità come alternativa a una commissione di inchiesta proposta dal senatore di Fi Pagano. L’obiettivo, spiega il presidente della commissione Parrini (Pd), è «arrivare a fare delle proposte per garantire le prerogative del parlamento anche durante uno stato di emergenza dichiarato». Proposte che sarebbe logico collimassero con quelle in discussione alla camera. Ma la presidente del senato Casellati ha voluto vederci qualcosa di più, e autorizzando la commissione ha comunicato che l’indagine avrà per oggetto «i riflessi sui diritti personali costituzionalmente garantiti».

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