Politica

Un Pd non a sua disposizione

Un Pd non a sua disposizionePier Luigi Bersani – Emblema

Politica Fumata grigia all’incontro fra Bersani e Berlusconi sul nuovo capo dello stato. Niente di fatto, ma a sera il Cavaliere riunisce i suoi a Palazzo Grazioli. I democratici propongono una donna e non "apolitica"

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 10 aprile 2013

]L’incontro fra Bersani e Berlusconi si fa. A sorpresa, ieri pomeriggio, nello studio del leader Pd a Montecitorio. Un’ora e un quarto, tanto dura, non molto. Abbastanza per aprire un canale di comunicazione, non abbastanza per fare un accordo. Alla fine Enrico Letta, l’uomo della trattativa Pd, presente all’incontro, riferisce che è stato «un buon incontro ma siamo solo all’inizio. Non abbiamo parlato di nomi. Prima servono i criteri».
E i criteri per l’elezione del nuovo capo dello stato restano quelli che Bersani recita la mattina all’assemblea dei gruppi parlamentari (dove sono stati scelti i vicepresidenti, manuale Cencelli alla mano, uno per corrente): «La ricerca di un largo consenso». Dalla parte opposta, il numero due del Pdl Angelino Alfano, anche lui presente al summit, recita la parte parallela: «Il presidente Berlusconi ha ribadito la propria disponibilità a fare ciò che è utile all’Italia a difesa del consenso ricevuto e della fiducia che milioni di italiani anche questa volta gli hanno accordato». Il busillis, sul quale le distanze fra Pd e Pdl restano, è la definizione di «utile». Il Cavaliere ne dà un’interpretazione tutta «propria»: gli è utile un presidente che lo protegga dalle vecchie ed eventuali nuove tegole giudiziaria.

Per Bersani invece il «percorso» si va chiarendo di ora in ora. Davanti ai suoi parlamentari resta sulle generali, ma butta là una frase eloquente: per la scelta del presidente della Repubblica «bisogna tenere conto della parità di genere». L’unico modo per onorare l’impegno è indicare una rosa di nomi con molte donne, forse solo donne, e non «apolitiche», è il criterio comune dei poli. Scendono le quote di Amato, Violante, Marini (che ieri ha incassato il «ni» di Bossi); crollano quelle di Romano Prodi, sul quale il Pdl fa fuoco di fila. Salgono quelle di Emma Bonino e Anna Finocchiaro.

Ma è sulla storica leader radicale che si rincorrono le voci di palazzo: garantista da sempre, e oltre la soglia di tolleranza del gruppo dirigente Pd, ex alleata del Pd, ma anche – in tempi più lontani – di Berlusconi. A sostegno della sua candidatura sono già partiti comitati di grandi e piccoli elettori: Renzo Arbore, Anna Fendi. Chi ha parlato con Bersani dà la scelta per «possibile». Ma sarebbe clamorosa, dopo la rottura pesantissima fra radicali e Pd nel Lazio e in Lombardia alle scorse regionali, finita nel Lazio a pesci in faccia. E querela di Zingaretti contro Pannella: che, dopo una polemica sui contributi pensionistici del dirigente democratico si era chiesto se «se la figura del candidato Pd non abbia qualche contiguità con quella non più del delinquente abituale, ma di quello professionale».
Parole pesanti. Ma intanto nella coalizione Italia Bene comune i socialisti già la sponsorizzano (ieri l’ha incontrata Riccardo Nencini). Anna Paola Concia – femminista e attivista gay, ex deputata, ex mariniana, a Roma schierata con David Sassoli – dichiara di fare campagna per lei. Ieri all’Auditorium di Roma Bonino è salita sul palco dello spettacolo «Ferite a morte» di Serena Dandini: ed è partita la standing ovation.
Siamo però ancora all’inizio della partita. Nei prossimi giorni si vedranno gli ambasciatori degli opposti schieramenti (tutti maschi: Alfano con Enrico Letta, Denis Verdini con Maurizio Migliavacca) «per compiere ogni sforzo tendente ad assicurare condivisione per una scelta così», spiega il segretario del Pdl.
Bersani sta molto attento a far passare l’idea che non si tratterà di inciucio. E infatti in perfetto bersanese inizia la giornata alla trasmissione Agorà su Raitre annunciando che a Berlusconi avrebbe detto «ti conosco mascherina» e la conclude a sera con un tweet : «Noi siamo a disposizione, ma no a governissimi». Dopo l’elezione del Colle, il segretario Pd non fa mistero di puntare a un reincarico. A quel punto la scelta di un presidente «condiviso» e la possibilità concreta di scioglimento delle camere potrebbe fare il «miracolo» che al primo giro di consultazioni non si è materializzato.
Il M5S al momento resta sulle sue posizioni: l’11 aprile sceglierà online il proprio candidato. «Sono convinto sarà così ’alto’ e buono che sarà lui stesso a raccogliere le adesioni delle altre forze», scommmette il capogruppo al senato Vito Crimi. Anche perché Grillo, da un’intervista ’concessa’ alla free press Metro, tuona la sua minaccia quotidiana: «Abbiamo promesso di mandarli a casa tutti e li manderemo a casa tutti».
Non così a casa Lega. Umberto Bossi fa un’apertura, irridente ma furba: Marini potrebbe essere «il meno peggio», e il governo «non si fa più». Ma se fosse il Cavaliere «darei la possibilità di fare il governo a Bersani, che tanto poi va a schiantarsi. E poi vince Berlusconi».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento