È pop, dance che suona quasi come una sorta di utopica leggerezza che stride con il fosco presente che stiamo vivendo sulla nostra pelle. Il secondo capitolo discografico della cantante di origine kosovare Dua Lipa però non si ferma alla superficie: è ricco di citazioni – il beat stiloso dei ’90 ma anche i richiami alla disco ’70, che lo pongono decisamente un gradino più in alto rispetto alla omologata pletora di produzioni che affollano la rete e le radio. Future nostalgia – titolo geniale del disco uscito ieri, una settimana prima del previsto per i tipi della Warner – consolida la sua fama che dall’uscita di Be the One, il primo singolo del 2015 seguito da New Rule, One kiss e Electricity le hanno consentito di trasformare il suo disco d’esordio in un best seller dell’era digitale. Bella e sexy nei video e nei live ma conciliante proprio no: lo scorso anno alla cerimonia dei Grammy lanciò una velenosa frecciata contro il presidente della Recording Academy Neil Portnow, che aveva invitato le cantanti a fare «un passo avanti».

ECCO LEI un passo avanti l’ha fatto da tempo. Certo non poteva pensare – mentre scriveva i brani del nuovo album, in quale tragedia il mondo si stava infilando. «Volevo fare – ha spiegato in una recente intervista – musica che ci distogliesse dai pensieri. Volevo solo rendere un po’ più facile alzarsi al mattino e non pensare alle cose negative che accadono nel mondo». Ma se il beat malandrino di brani come Levitating, Love Again, Break my heart, induce a scatenarsi sul dance floor, diversi testi si confrontano con il sociale. Così nel pezzo che intitola il disco, l’esperienza femminile viene espressa attraverso un senso di emporwement: «Non mi importa quello che farai, posso tranquillamente farcela da sola» e con osservazioni argute sulla diseguaglianza che le donne si trovano ad affrontare e sulle molestie sessuali raccontate nella bruciante Boys will be Boys: «Non c’è niente di divertente quando ci troviamo a dover sorridere per nascondere tutte le nostre paure».
Future nostalgia si compone di undici pezzi, arrangiati dalla crema di produttori «maestri» del pop contemporaneo come Stephen «Koz» Kozmeniuk, Ian Krikpatrick, Stuart Price e Jeff Bhasker. Il tour – che prevedeva una data italiana il 30 aprile a Milano – è ovviamente posticipato al prossimo autunno.