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Un partito vero, una vera classe dirigente

C’è stata una fase in cui giocare la partita del governo era più importante che investire su un partito, c’era Monti e il centrosinistra provava a ricostruire con Italia Bene […]

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 9 luglio 2015

C’è stata una fase in cui giocare la partita del governo era più importante che investire su un partito, c’era Monti e il centrosinistra provava a ricostruire con Italia Bene Comune il campo dell’alternativa. Nei comuni Pisapia, Zedda e Doria dimostravano che la partita delle idee poteva essere vinta e il Pd non anteponeva la “vocazione maggioritaria” alla comune ricerca di nuove sperimentazione politiche. In quel quadro Sel rappresentò un’innovazione, un cantiere aperto a sinistra e una leadership forte, quella di Vendola. Le elezioni del 2013 segnano uno spartiacque: il Pd sceglie la strada neo centrista fino ad arrivare al partito della nazione di Renzi per continuare le politiche liberiste di Berlusconi e Monti. Anche per Sel oggi si apre una fase nuova, dove la partita coincide con il partito e cioè mettere l’esperienza di questi anni al servizio di un progetto più ampio, un soggetto autonomo che abbia come missione principale dare una rappresentanza al mondo del lavoro.

Se questo è il tema, sinistra sociale, sinistra politica, associazioni, mondo del lavoro, della scuola e della cultura devono lavorare insieme. Occorre un punto di vista originale sul mondo, sul modello di sviluppo, sui diritti di cittadinanza; la narrazione dei leader deve diventare cultura politica diffusa. Dallo ’staff del capo’ si deve tornare ai gruppi dirigenti. Occorre porsi il tema della classe dirigente di questo Paese se abbiamo a cuore che la nostra democrazia non finisca depredata da lobby e poteri economico-finanziari.

Quanto accaduto nel Pd devefarci riflettere rispetto al ruolo improprio assunto dalla leadership anche a sinistra e sul fatto che velocità, piglio autoritario e legittimazione popolare con le primarie non producano necessariamente buone idee e innovazione. Il cambiamento richiede al contrario studio, competenze, pluralità di culture. Insomma partiti degni di questo nome: sia sul piano del finanziamento pubblico (in mancanza del quale alla politica si sostituiscono gli interessi privati facoltosi) sia su quello della vita democratica dei partiti. Prima che l’antipolitica e i populismi, che si nutrono di mancanza di alternative alle politiche di austerità, prendano il sopravvento o che nel Paese si diffonda un senso di inutilità della politica, occorre investire nella buona politica. Esperienze di unità a sinistra, non di testimonianza o residuali, come quelle realizzatesi nella mia Liguria con Rete a sinistra, dimostrano che il terreno può essere fecondo. Non possiamo più aspettare.
*deputato Sel

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