Un ottimista del digital divide
Incontri Il seminario di Paul Daugherty, ospite a Milano del «Meet the media guru». E alla Fondazione Feltrinelli presentazione del libro «Big Mind» di Geoff Mulgan (Codice edizione)
Incontri Il seminario di Paul Daugherty, ospite a Milano del «Meet the media guru». E alla Fondazione Feltrinelli presentazione del libro «Big Mind» di Geoff Mulgan (Codice edizione)
Meet the media guru (Mtmg), la pluriennale rassegna di incontri sulla cultura digitale e l’innovazione nella città di Milano, si conferma essere la riserva del tecno-entusiasmo più piatto e acritico. Si definiscono critici e ottimisti, perché «evidentemente non si può tornare indietro» e, soprattutto, «non è più il tempo del luddismo». Il loro unico obiettivo sembra quello di consolare e rassicurare gli animi di coloro che, nella capitale del terziario avanzato, non possono fare a meno di partecipare attivamente alla spettacolarizzazione della cultura.
Per questa ultima fatica Mtmg ha trovato un ottimo partner in Accenture, la multinazionale di consulenza aziendale che, proprio nell’infomation technology, vede una grandissima risorsa da sviluppare e su cui investire.
ECCO ALLORA L’INCONTRO – che ha avuto luogo nei giorni scorsi al Museo della scienza e della tecnica di Milano – con il «guru» di turno, Paul Daugherty – chief technology e innovation officer di Accenture – co-autore del libro Human + Machine. Reimagining work in the age of AI, insieme a James Wilson. Di recente pubblicazione per la Harvard Business Review Press, il volume si presenta come una guida rivolta al mondo del business, per saper cogliere nel modo più redditizio, ciò che l’Ai ha da offrire. Perché è qualcosa che è già qui, ora, e va colta al volo, affinché tutti siano pronti a immettersi nella forza lavoro, quella dell’”intelligenza collaborativa” tra uomo e macchina.
PAUL DAUGHERTY si è presentato come una persona a cui piace sperimentare con la tecnologia e scoprire come fare business con l’innovazione. Un ottimista secondo il quale «la tecnica è neutra, siamo noi che decidiamo». Da che possiamo arguire che non esistano cattive tecnologie o tecnologie dannose, ma solo problemi che si possono risolvere con altra innovazione.
Su questo punto è molto chiaro: «L’Ai sarà la più grande innovazione del prossimo futuro e forse della storia umana. I calcolatori sono sempre più potenti e gli algoritmi sempre più sofisticati. Gli errori sono sempre imputabili agli esseri umani o alle aziende». Per poi proseguire, sostenendo che «L’innovazione va sempre più veloce! I cambiamenti stanno avvenendo con grande rapidità, per questo è fondamentale educare nuovi leader. Ho scritto questo libro perché voglio aiutare i manager a capire cos’è l’Ai e come funziona. Non bisogna averne paura, bisogna farla avanzare. Chi ha paura dell’innovazione rallenta tutti gli altri, ci fa perdere tempo».
Ci sono tuttavia miti da sfatare, necessità da soddisfare e sfide da cogliere.
I MITI SONO QUELLI sui robot che ci sostituiranno e sulle macchine non ci porteranno via il lavoro. Tutto falso per Daugherty. Quello che invece si deve fare – afferma perentorio – è reimmaginare il business, sviluppando un nuovo approccio al lavoro. Anzi, creare nuovi posti di lavoro, agendo sulla formazione delle persone e su nuove competenze. L’idea è quella di un apprendimento continuo senza soluzione di continuità, perché «noi non riusciremo a stare a dietro a tutti questi cambiamenti. Resteranno a galla solo quelli che sapranno adattarsi meglio e più velocemente a tutto ciò. L’automazione – continua – cancellerà quei lavori meno skillati ma ne creerà altri per gestire l’automazione stessa». Forse per stemperare tutto questo «ottimismo consapevole» si lascia sfuggire che «anche il fatto di dare empowerment alle persone – inclusione e solidarietà – è fondamentale». Insomma, un discorso improntato al darwinismo sociale, condito da un’etica ambigua.
EVIDENTEMENTE questa è l’idea di futuro che hanno quelli di Meet the Media Guru. Ma non sono i soli, anzi, a Milano sono in ottima compagnia. Recente è la notizia che Mtmg – grazie all’onnipresente Fondazione Cariplo – presto darà vita a Meet, il primo Centro internazionale per la Cultura Digitale in Italia, nei locali dello Spazio Oberdan. Obiettivo: colmare il digital divide agendo su incontro e inclusione. Chissà seguendo quale visione.
IL TEMA DELL’INTERAZIONE tra essere umano e tecnologia digitale è più attuale che mai e certamente di estrema importanza. Tra i differenti approcci possibili, la città di Milano sembra però prendere in considerazione esclusivamente un numero ristretto di sfumature di grigio. Sempre nei giorni scorsi si è svolto infatti un altro incontro su temi simili. Questa volta alla Fondazione Feltrinelli, dove era presente Geoff Mulgan, Chief Executive di Nesta.
Nesta è una grande organizzazione per la promozione dell’innovazione sociale e tecnologica con base nel Regno Unito (nel 2017 a Torino ha aperto la sua prima sede fuori dal suolo britannico, grazie alla collaborazione con Compagnia San Paolo).
Mulgan ha presentato il suo ultimo libro, uscito in Italia per Codice Edizione, dal titolo Big Mind – L’intelligenza collettiva che può cambiare il mondo. Era dai testi degli anni Novanta di Pierre Levy che non si sentiva più qualcuno usare in modo entusiasta l’espressione «intelligenza collettiva». Per Geoff Mulgan dentro c’è di tutto: l’Ai, il machine learning, Amazon, Google maps, piattaforme attive in ambito medico, linguistico, urbanistico, finanziario, democratico e tanto altro. Forse troppo. Per tenere insieme tutte queste diverse esperienze c’è bisogno di molta superficialità.
È DI FONDAMENTALE importanza comprendere al meglio le differenti articolazioni di rapporto tra essere umano e tecnologia digitale, ma forse queste narrazioni così rassicuranti e acritiche (e liberiste) non sono molto utili. Perché, invece di favorire il lavoro analitico sulle diverse forme che può prendere il digitale, si preferisce appiattire il discorso e semplificarlo eccessivamente, a tutto vantaggio di chi queste narrazioni le porta in giro e le diffonde. Peccato per tutti gli altri.
* del gruppo Ippolita
Lettera con risposta
Abbiamo letto con interesse l’articolo «Un ottimista del digital divide» pubblicato il 30 giugno scorso e dedicato all’ultimo appuntamento di Meet the Media Guru.
Nel pieno rispetto delle opinioni personali espresse dal vostro giornalista, segnaliamo che fin dal 2005 Meet the Media Guru è un programma aperto a punti di vista eterogenei e spesso divergenti, di certo non riconducibili a un pensiero acritico o tecno-entusiasta.
Fra i nostri relatori ci sono stati Jaron Lanier, Geert Lovink ed Andrew Keen, aspri critici del web e delle sue derive, o finissimi intellettuali come Zygmunt Bauman, Edgar Morin e Arjun Appadurai, i cui punti di vista non possono dirsi rassicuranti o semplificatori.
La scelta di Meet the Media Guru è stata e sempre sarà quella di disseminare pensiero non omologato, offrendo alla città di Milano prospettive e scenari internazionali senza la pretesa di identificare soluzioni, ma tratteggiando possibili percorsi e semmai scatenando domande.
Con la nascita di MEET, il centro di cultura digitale di Meet the Media Guru con Fondazione Cariplo, la linea non cambia.
L’Italia registra ancora un pesante ritardo nel pensiero e nell’uso del digitale e la missione che MEET si è dato è quella di ridurre il digital divide del paese grazie ad un luogo virtuale e fisico di incontro, confronto e co-design insieme a chi voglia attivare pensiero, riflessione e dibattito sull’innovazione e la cultura digitale.
Un carissimo saluto e buon lavoro.
Maria Grazia Mattei, Fondatrice e Presidente MEET
La replica dell’autore
Gentilissima Maria Grazia Mattei, comprendo lo sconcerto suo e di MTMG per il fatto che ci sia ancora qualcuno in grado di esercitare e produrre pensiero critico. Questo è quello che facciamo, ed è quello che è stato fatto.
A questo riguardo, ciò che è stato espresso è il frutto di una riflessione sempre in movimento di persone che si occupano dell’impatto sociale delle nuove tecnologie, in una prospettiva certamente situata. Tutto ciò si può riassumere nella formula del diritto di cronaca o del diritto di critica.
Seguiamo Meet the media guru da tempo e ci ha fatto piacere poter ascoltare alcuni dei nomi che cita però non è questo il punto.
Gli elementi che fanno problema sono due ma a ben guardare si sovrappongono: la spettacolarizzazione della cultura e un’idea debole di pluralismo. Dare voce a punti di vista eterogenei è meritorio ma una prestigiosa Kermesse come MTMG rischia di diventare solo una grande cornice luminosa al cui interno i diversi elementi risultano infine indistinguibili.
Se le prospettive divergenti vengono messe tutte sullo stesso piano l’unico risultato sarà di appiattirle.
Per evitarlo, è necessario prendere posizione, evidenziare il punto di vista situato da cui (sempre) si parla. Stendere il tappeto rosso all’insegna del pluralismo non basta se non si ha la volontà di interrogare e interrogarsi su ciò che accade.
Proprio per questo attendiamo di vedere come sarà MEET, il centro di cultura digitale di Meet the Media Guru con Fondazione Cariplo.
Perché vogliamo continuare a seguire cosa succede nel mondo culturale milanese (e non solo), poter essere coinvolti.
E ci auguriamo che questa nostra irriverenza non ci precluda la possibilità di continuare a intervenire nel dibattito pubblico, per esprimere quando necessario la nostra voce dissonante. Cordialmente,
Marco Liberatore, Gruppo Ippolita
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