Visioni

Un «Nido di vipere» in cerca di un’impossibile libertà

Un «Nido di vipere» in cerca di un’impossibile libertàUna scena da «Nido di vipere»

Al cinema L'opera prima di Kim Yong-Hoon, rimescolando i generi

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 15 settembre 2022

Una valigia dimenticata nell’armadietto di uno spogliatoio con tanti soldi al suo interno e svariate persone a contendersela. Questa in breve è la traccia di Nido di vipere scritto e diretto da Kim Yong-hoon. Opera prima coreana presentata in numerosi festival (Rotterdam, Busan, Sitges, il Far East di Udine) e premiata da giurie attratte dalla deformazione dei generi, da un cinema che mette insieme noir, azione, dramma sociale e famigliare, commedia, splatter e altro ancora.
Una trama non esattamente originale per ribadire in negativo l’essenza della natura umana, prevaricatrice, pronta ad approfittare delle debolezze altrui, ingannatrice e, forse proprio per questo, soggetta essa stessa ad essere vittima del raggiro e della violenza. Perché nel mondo del tutti contro tutti non vi è possibilità di assumere una posizione trascendente. Si è immersi in un gioco nel quale nessuno è più al sicuro e dove persino la legge del più forte può essere contraddetta. Chi cerca di elevarsi viene tirato verso il basso. Se a scorrere è un fiume di sangue, la piena prima o poi travolgerà ogni attore della contesa. Lo sapevano i greci che raccontavano la Guerra del Peloponneso, lo ribadiscono i coreani che pur narrando vicende meno epiche rivelano comunque le miserie di questo piccolo e meschino pianeta.

ELENCARE i personaggi di Nido di vipere significherebbe anticipare i singoli colpi di scena e le sfasature temporali di una storia circolare ma che procede in modo non lineare. Come anticipato, al centro della vicenda è un borsone pieno di soldi e donne e uomini che con quel ricco bottino sarebbero in grado di risolvere i loro disastri economici ed esistenziali. Ai classici criminali senza pietà si alternano vittime sacrificali che di fronte al baratro fanno appello a risorse impreviste nel copione della vita.
Al profilo cinico (quasi un manifesto) di una collettività radicalmente incapace di istituire relazioni, si aggiunge il ritratto di un’umanità che ha dichiarato fallimento, che è in perenne debito per proprie o altrui responsabilità. Che insegue il pareggio dei conti a causa di una truffa mal concepita, di un’attività che non rende più, di una figlia all’università. O che prova a riafferrare una libertà perduta, affrontando un marito violento, varcando un confine verso una terra promessa. Tentativi maldestri e incerti. In realtà, nessuno è in grado di controllare la marea, tutti nella caverna platonica non possono fare altro che combattere contro corpi e ombre senza fare distinzioni, affidando la propria sorte persino a un gesto scaramantico, all’acquisto del medesimo pacchetto di sigarette.
Un esordio, quello di Kim Yong-hoon, che mira primariamente all’intrattenimento attraverso il rimescolamento dei generi e che, in superficie, prova a tracciare una volta di più quel senso di inadeguatezza che pervade il singolo quando cerca di governare il suo essere nel mondo.

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