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Un mondo difficile da vivere

Come un fulmine, la morte di Carla Ravaioli. Difficile riassumerne la vita: laureata all’Università di Bologna in Storia dell’Arte con Roberto Longhi, teneva gelosamente per sé questa sua originaria e […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 gennaio 2014

Come un fulmine, la morte di Carla Ravaioli. Difficile riassumerne la vita: laureata all’Università di Bologna in Storia dell’Arte con Roberto Longhi, teneva gelosamente per sé questa sua originaria e antica passione per l’arte. Raramente ne parlava con gli amici, schernendosi, perché nella vita Carla sarebbe stata destinata ad occuparsi d’altro. Nata a Rimini nel 1923, come Fellini non amava parlare della sua città e infatti era andata a vivere a Milano fino al 1970, quando si trasferì definitivamente in via del Seminario, a ridosso del Pantheon, a Roma. Giornalista, collaborò a “Il Giorno”, “Il Messaggero”, “La Repubblica”, “L’Europeo” e infine definitivamente a “il manifesto”.

Era stata amica e, in certo senso, allieva di Claudio Napoleoni dal cui rapporto era probabilmente nato il suo interesse per gli studi economici. Aveva anche fatto una breve esperienze come senatrice nel gruppo della Sinistra indipendente durante l’VIII legislatura. Non ne aveva un buon ricordo perché Carla era “un’attivista impaziente” che mal sopportava i compromessi, gli indugi, i tempi lunghi della politica.
Due sono state le sue grandi passioni, per le quali si è spesa senza riserve. La prima l’impegno femminista (“La donna contro se stessa” è del 1969; “La mutazione femminile. Conversazioni con Alberto Moravia”, del 1975, “La questione femminile. Intervista col PCI” del 1976, solo per citarne alcuni). In tal senso va ricordato un libro di Carla che anticipava i tempi nostri: “Maschio per obbligo” (Bompiani, 1979), dove descriveva la stessa condizione maschile come una gabbia con le sue, diremmo oggi, ossessioni prestazionali.
Personaggio sempre insofferente della stanca politica, non stava a suo agio in gruppi o élites; la sua “impazienza””di cambiamento la costringeva talvolta a una solitudine forzata.

La seconda passione era la questione ambientale. Il passaggio dall’economia all’ambiente era per Carla un passaggio obbligato: dal “Pianeta degli urbanisti” (raccolta di una serie di interventi scritti su manifesto, al “Processo alla crescita. Dialogo con Bruno Trentin” del 2000, fino a “Un mondo diverso è necessario” del 2002. Mi chiamò a leggere le bozze del suo ultimo libro: “Ambiente e pace. Una sola rivoluzione” del 2008. In questa sua ultima opera Carla proponeva che i soldi spesi per gli armamenti di tutto il mondo fossero investiti per risanare l’economia dell’ambiente. E’ stato il suo ultimo grido di allarme, inascoltato anch’esso.

Ricordo che quando mi chiamò per chiedermi cosa ne pensavo, le dissi forse con un tono un po’ accomodante: «E’ scritto molto bene». Lei si infuriò e mi rispose: «Lo so che so scrivere, ma tu mi devi dire se ho ragione». Non amava le lusinghe, tirava dritto alla meta, soffriva tantissimo perché riteneva che nessuno si stava accorgendo quali sconquassi climatici e ambientali stava subendo il nostro pianeta.
L’ho sentita appena una settimana fa: «Non ti fai mai sentire tu» mi ha ripetuto con tono di amorevole rimprovero. Mi disse che avrei dovuto organizzare una cena coi vecchi amici di sempre, disincantati e stanchi dei tormentoni della politica. Non ho fatto in tempo, forse lei sapeva già che non avrei fatto in tempo ma non me lo ha detto. E’ morta il giorno del suo compleanno, forse stanca, a 91 anni, di vivere in un mondo che non avrebbe voluto vedere.

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