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Un memoriale nella zona rossa, Renzo Piano è a disposizione

Un memoriale nella zona rossa, Renzo Piano è a disposizioneRenzo Piano – LaPresse

Ricostruzione L’archistar incontra sindaco e governatore: «I ponti li realizzano gli ingegneri, quello che ho portato qui non si può definire un disegno progettuale ma un impegno morale»

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 29 agosto 2018

Per ora il ponte che sarà ha la forma di un parallelepipedo bianco e di un prisma triangolare. Lo si può soltanto immaginare, insomma, sotto la carta dei pacchi trasportati da un collaboratore di Renzo Piano all’interno del palazzo della Regione Liguria. Qui l’architetto genovese, 81 anni tra pochi giorni e un portfolio tra i più importanti del mondo, è arrivato per incontrare il governatore Giovanni Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci e mettersi, ancora una volta (dopo il progetto per la Torre piloti e quello per il Waterfront Levante), al servizio della città. «Da quando è crollato il ponte Morandi – ha detto uscendo dalla riunione – non ho smesso di pensarci quindi sì, mi sono fatto un’idea di come potrà essere ricostruito». Piano però ha precisato: «I ponti li realizzano gli ingegneri, quello che ho portato qui non si può definire un disegno progettuale ma un impegno morale». Di fatto l’architetto avrà un ruolo da consulente, a titolo gratuito, «per fare in maniera che questo nuovo ponte porti con sé i tratti della genovesità – parole sue – e anche un po’ della nostra parsimonia, e poi non dovrà mancare il ricordo della tragedia, questo per me è un tema molto importante».

Come importante è un altro aspetto: la ricucitura dei tessuti urbani. «È nel mio dna», afferma il senatore a vita che forse, ancora più che sul nuovo viadotto, è interessato a lavorare su ciò che ci sta (stava) sotto. Una vasta landa periferica fatta di case che saranno abbattute, di aziende piccole e grandi, di binari della ferrovia, depositi, strade. «In una città che non può più pensare di espandersi sul mare né tantomeno sulle colline questo spazio è di grandissima importanza». C’è insomma un progetto urbanistico complessivo che, per quanto riguarda il ponte potrà essere rapido – «Fare presto, ma non di fretta», l’invito di Renzo Piano all’ipotesi lanciata da Autostrade di un viadotto da costruirsi in cinque mesi – ma che sarà più complesso per quella che oggi è una “zona rossa” inaccessibile quasi a chiunque. Un parco urbano, un nuovo quartiere che magari potrà ospitare anche i cittadini evacuati, un memoriale alla tragedia. «Perché l’architettura fa questo – conclude Piano davanti a decine telecamere assetate di uno schizzo che non avranno – celebra e costruisce, non dimentica la tragedia, la elabora». La poesia si spegne (o prosegue, a seconda dei gusti) con un piatto di pasta al pesto con cui sindaco e presidente della Regione riescono a strappare via l’architetto.

«I ponti li costruiscono gli ingegneri», certo. Ma di quali aziende? Sulla polemica del momento Toti torna a ribadire la sua visione e risponde ai tweet al vetriolo di Luigi Di Maio. «In questo momento l’interlocutore per la ricostruzione è il concessionario, quindi Autostrade – ha risposto a chi in 120 caratteri lo ha invitato a chiedere cosa ne pensino i familiari delle vittime – penso con il coinvolgimento di Fincantieri e Cassa depositi e prestiti, costituendo un’associazione temporanea di imprese, se poi qualcuno vuole aprire un dibattito nazionale su altri temi, è libero di farlo ma lancio un warning, non si faccia perdere neanche un secondo a Genova».

E se Toti “chiama” il vicepremier a 5stelle, il procuratore di Genova Francesco Cozzi si rivolge a quello leghista. Matteo Salvini, a distanza, si è lamentato di come, a due settimane dal crollo, non ci siano ancora indagati. «Si possono fare i processi sensazionali con anche venti indagati – ha affermato il capo dei magistrati titolare dell’inchiesta sul disastro – ma non faremmo un buon lavoro. Abbiamo già commentato con dovizia di particolari i motivi per cui ancora non ci sono ancora iscritti nel registro degli indagati». Motivi che sono correlati all’analisi delle prove “difficili”, le macerie e i tronconi di ponte ancora in piedi, all’enorme quantità di reperti documentali in via di sequestro ma anche – dicono da fonti della procura – dalla difficoltà di analizzare i complessi organigrammi di Società Autostrade e delle sue aziende satelliti impiegate in manutenzione e collaudi.

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