Italia

Un italiano su tre è a rischio povertà

Istat La situazione è particolarmente aggrava nel Mezzogiorno, dove quasi la metà dei residenti (il 48%) vive situazioni di disagio ed esclusione

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

Un italiano su tre è a rischio povertà. Lo sostiene l’ultimo rapporto Istat sul reddito e le condizione di vita nel 2012: il 29,9% dei residenti in Italia è soggetto anche ad una severa deprivazione materiale e alla bassa intensità di lavoro. Il disagio economico cresce soprattutto nel Mezzogiorno dove tutti tutti gli indicatori sono tripli rispetto ai valori registrati nel Nord del paese. Aumentano anche le diseguaglianze economiche: nel 2011 il 20% della popolazione più ricca ha ottenuto il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% di quella più povera è spettato solo l’8%. La metà delle famiglie residenti nel nostro paese aveva due anni fa un reddito netto non superiore a 24.634 euro all’anno, circa 2.053 euro al mese. Nel Sud e nelle isole il 50% delle famiglie ha percepito meno di 20.129 euro, 1.677 circa al mese.

L’Istituto Nazionale di Statistica ha usato un indicatore adottato nell’ambito della «strategia Europa 2020». A destare le maggiori preoccupazioni è la diffusione della «severa deprivazione», un indicatore che indica nel nostro paese un valore superiore alla media europea (+14,5%) rispetto alla media europea del 9,9%. Non va meglio quello del «rischio povertà», superiore del 5,1% rispetto alla media del 24,8%.

Nel 2012 c’erano famiglie in Italia che non potevano permettersi una settimana di ferie lontano da caso. Sono passate dal 46,7% nel 2011 al 50,8% del 2012. Non hanno potuto riscaldare adeguatamente le loro abitazioni (dal 18% al 21,2%), non sono riuscite ad affrontare spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%). E, soprattutto, non hanno potuto permettersi un pasto proteico, a base di carne pesce o formaggio, ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%).

Il rischio della povertà, continua l’Istat, è più alto nei casi delle famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%). Colpisce anche gli anziani soli, i monogenitori (cioè un uomo o una donna che svolgono da soli il ruolo di genitori, e poi le famiglie con tre o più figli nel caso in cui vi siano almeno tre minori (dal 39,8% al 48,3%). La situazione, come detto, si aggrava nel Mezzogiorno dove quasi la metà dei residenti (il 48%) è a rischio povertà ed esclusione. In questo caso le situazioni di difficoltà coinvolgono gli individui che vivono in famiglie con cinque o più componenti (il 28,7% è a rischio povertà, il 23,5% è «severamente deprivato». La precarietà lavorativa riguarda le famiglie di uno o due componenti e le famiglie monoreddito dove i tre indicatori prescelti rivelano valori più che doppi rispetto a quelli osservati tra i componenti delle famiglie con due o più percettori.

Un particolare è davvero rilevante in questa analisi. Sono le famiglie dove la fonte principale del reddito proviene dal lavoro autonomo ad essere le più colpite dalla crisi a Sud. Nel 2012 la quota è salita al 12,6%, mentre l’anno precedente era ferma al 7,1%. Il lavoro dipendente è stato chiaramente penalizzato, ma il livello di «severa deprivazione» è aumentato meno: dal 10,7% al 13,7%. Anche in questa parte del paese viene riscontrata la difficoltà nel sostenere spese impreviste, fare in un anno una settimana di ferie lontano da casa e, soprattutto, quella di riscaldare adeguatamente la propria abitazione.

Colpisce anche il dato sugli italiani che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni. La Coldiretti ha diffuso ieri un’analisi sui dati diffusi dall’Istat. Sarebbero 10 milioni gli italiani a trovarsi in questa situazione, segno di un un drastico peggioramento dell’alimentazione in un paese dove ci sono 4.068 milioni di poveri che, nel 2013, sono stati costretti a chiedere aiuto per comprare il cibo. Tra questi Coldiretti ha contato ben 428.587 bambini con meno di 5 anni e 578.583 anziani con un’età superiore ai 65 anni. Più di 300 mila persone hanno beneficiato dei servizi mensa, mentre sono oltre 3 milioni che hanno ricevuto assistenza con pacchi alimentari.

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