«Amore. Così piccola, questa parola. Parola bella, preziosa. Sentimento forte e inaccessibile. Cinque lettere appena, che generano tutti i sentimenti del mondo. Le donne parlano d’amore. Amore che viene, amore che va, che fugge, che si nasconde, che si cerca, che si trova, che si apprezza, che si disprezza, che suscita odi e accende guerre infinite. In amore, le donne sono un esercito sconfitto, bisogna piangere. Deporre le armi e accettare la solitudine. Scrivere poesie e cantare al vento per allontanare le sofferenze. L’amore è fugace come la goccia d’acqua sul palmo di una mano». Così Rami, prima tra le cinque mogli del conteso ma insensibile Tony in Niketche, una storia di poligamia di Paulina Chiziane (La Nuova Frontiera, pp. 380, euro 18,90, trad. Giorgio De Marchis) riflette sulla sua condizione di donna (a sua detta e senza modestia) più perfetta del mondo, che ha fatto di suo marito l’uomo che è, dandogli amore e cinque figli grazie ai quali si è affermato in questa vita. Eppure, come molte sue con-simili, si ritrova stanca e usata da mariti che prima o poi se ne vanno, lasciandole tristi e sole con il loro dolore e la loro gelosia.

QUANDO, DOPO VENTI ANNI di matrimonio in cui ha sacrificato i suoi sogni per quelli di Tony, Rami scopre delle sue numerose amanti e delle famiglie parallele che si è costruito, superato un primo momento di frustrazione e auto-commiserazione, decide di sfogare la rabbia di tutti quegli anni di silenzio, «esplodere con il vento e riportare il fuoco nel suo letto».
È così che intraprende una quest alla ricerca delle altre quattro mogli, che da nemiche arriva a riconoscere come altre vittime ed eleggerle compagne di sventura e nuove alleate, costringendo infine tutte insieme il comune uomo a rispettare i doveri di una poligamia ufficializzata e non solo più segreta, frivola e capricciosa.

CON QUESTO inno alla sorellanza contro la società maschilista mozambicana, di cui Tony si fa emblema e portavoce affermando ad esempio che «la purezza è maschile e il peccato è femminile, solo le donne possono tradire, gli uomini sono liberi», Pauline Chiziane mette sagacemente in luce l’arretratezza della condizione femminile dell’intero continente e tutte le sue contraddizioni, richiamando alla mente, tra i più recenti, il divertente Prudenti come serpenti della nigeriana Lola Shoneyin (66thand2nd), dove in maniera analoga l’ottusità maschile viene sbeffeggiata e sconfitta dalla solidarietà femminile in un universo in cui il retaggio della poligamia persiste, soprattutto nei contesti islamici, sebbene stravolto e denaturato dall’irrompere del colonialismo e l’introduzione di nuovi culti e leggi.

CONTEMPORANEAMENTE, il romanzo è un’odissea tra i costumi sessuali, i misteri e gli ancestrali tabù del Mozambico, gli incantesimi d’amore e le danze erotiche, tra cui il ballo del Niketche appunto, danza del sole e della luna, del vento, della pioggia e della creazione, danza d’amore che le promesse spose dell’etnia Macua eseguono in pubblico subito dopo l’iniziazione, muovendo sinuosamente il corpo con perfetta sensualità e salutando il risveglio di tutte le primavere, per affermare di essere donne «mature come frutti, pronte per la vita».
Nel 1990 con Ballata d’amore al vento, Chiziane è stata la prima donna mozambicana ad aver pubblicato un romanzo. Tra le sue opere Il settimo giuramento e L’allegro canto della pernice. Nel 2021 le è stato assegnato all’unanimità il Premio Camões, il più importante riconoscimento letterario del mondo lusofono, per «l’importanza che dedica nei suoi libri ai problemi delle donne mozambicane e africane e l’avvicinamento dei giovani all’arte».