Cultura

Un grande puzzle alla marsigliese

Un grande puzzle alla marsiglieseParadise, Episode 1 Tara & Josef, 2020 © Calla Henkel and Max Pit…serie Communale

Rassegne La tredicesima edizione di Manifesta ha dovuto chiudere in anticipo per il lockdown francese, ma alcuni progetti restano online, attivi i laboratori di quartiere e diverse mostre riapriranno a fine confinamento. Fra i temi più indagati, l'emergenza abitativa e la memoria storica

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 31 ottobre 2020

Ha dovuto anticipare la chiusura Manifesta 13, uno dei pochi appuntamenti artistici che non erano stati cancellati in seguito alla pandemia. Ospitata a Marsiglia – riprogettando il format espositivo con mostre aperte in tempi diversi per evitare assembramenti – avrebbe dovuto chiudere a fine novembre, ma con il lockdown iniziato in Francia il team curatoriale ora è al lavoro per fornire una fruizione digitale della manifestazione. «Abbiamo cercato di creare un laboratorio sociale di integrazione e discussione, perché pensiamo che una biennale come Manifesta abbia il ruolo, in tempi difficili come questi, di occuparsi del contesto locale per riflettere sulle sfide della scena globale», hanno affermato i curatori Stefan Kalmár, Alya Sebti e Katerina Chuchalina all’ultima mostra di Manifesta (inaugurata il 9 ottobre scorso).

QUESTA TREDICESIMA edizione è suddivisa in tre parti: Traits d’union.s è il titolo del programma principale (presentato in sei sedi), accompagnato da Le Tiers Program (dedicato ai progetti educativi, di mediazione culturale e agli archivi) e da Les Parallèles du Sud (86 mostre disseminate nel sud della Francia, che potrebbero riaprire dopo il confinamento).
Traits d’union.s suggerisce nuove forme di coesistenza, cura e di solidarietà all’interno della disordinata e vitale scena cittadina, definita dall’architetto Winy Maas Le Grand Puzzle, perché Marsiglia, la città più antica di Francia è anche la più frammentata, suddivisa come un puzzle in 111 quartieri.
Forme di solidarietà e cura, o la loro mancanza, sono indagate nella mostra The Home, al musée Grobet-Labadié con opere riguardanti l’emergenza abitativa, problema di dimensioni globali nell’epoca contemporanea, che la pandemia ha reso sempre più evidente.
L’architetta algerina Samia Henni con l’installazione Right to Housing si è occupata delle diverse tipologie abitative di Marsiglia, con una particolare attenzione alle strutture informali, Cameron Rowland ha indagato i dispositivi di sorveglianza utilizzati negli Stati Uniti per controllare le persone in libertà vigilata, Ken Okiishi ha invece utilizzato home movies e found footage per analizzare le migrazioni negli Usa dopo la seconda guerra mondiale.

LE IMMAGINI FOTOGRAFICHE di Martine Derain documentano lo stato di abbandono in cui si trovano le case in Rue de la République, a Marsiglia. Case costruite per la borghesia ottocentesca, poi abitate da operai, quando la borghesia si era spostata in nuovi quartieri, e in seguito vendute dalla municipalità a investitori internazionali. E ora sono vuote, perché troppo costose per gli operai e non abbastanza attraenti per le classi agiate. Il collettivo Noailles Debout ha scelto di presentare una grossa catena, come quelle che vengono messe sulle porte delle case per impedirne l’accesso, per renderle«ostili» ai suoi abitanti. È una forma di denuncia perché nel quartiere di Noailles, in pieno centro storico, il 5 novembre 2018 crollarono due edifici residenziali che provocarono la morte di otto persone e l’evacuazione di più di 5000 persone, allontanate dalle loro abitazioni per paura di nuovi crolli. E molti di loro sono ancora senza casa. Le catene sono ancora sulle porte.

UN’ALTRA FORMA DI DIALOGO tra la contemporaneità e la storia della città è stata la volontà di far aprire appositamente per Manifesta il Consigne Sanitaire, edificio costruito nel XVII secolo per controllare che i marinai in arrivo a Marsiglia non avessero malattie infettive. È stato uno dei primi istituti nell’area del Mediterraneo a fare i controlli sanitari, e ospita ora le installazioni di Peter Fend, tra i fondatori dell’Ocean Earth Development Corporation, che ha indagato l’ecosistema marittimo della regione provenzale.
Al Musée Cantini è allestita The Refuge. La rassegna è una sorta di time-machine che ci riporta all’occupazione nazista della Francia nel 1940, quando comunisti, ebrei e membri della Resistenza trovarono rifugio a Villa Air-Bel, un vecchio castello di Marsiglia, di cui non è rimasta nessuna traccia. Tra loro vi erano alcuni tra i più importanti artisti e intellettuali del XX secolo, come il cubano Wifredo Lam, Anna Seghers, Max Ernst, André Breton e Duchamp, per ricordarne solo alcuni. Sono esposti i bellissimi disegni collettivi realizzati con la tecnica del cadavre exquis, oltre a opere fotografiche di László Moholy-Nagy, Man Ray, e un insieme di installazioni.

AL CENTRE DE LA VIEILLE CHARITÉ sono raccolte opere che attraverso la scrittura e il disegno hanno denunciato forme di oppressione e devianza. Suggestioni presenti nei testi e nei materiali d’archivio di Pierre Guyotat, Georges Bataille, Arthur Rimbaud, nei disegni di Roland Barthes e nelle installazioni di Gisèle Vienne e Dennis Cooper, Anna Boghiguian e André Acquart.
The School: The Sonorous, The Audible and The Silenced è stata l’ultima mostra a essere inaugurata. Ospitata nel bellissimo Conservatorio presenta una serie di lavori in cui si indaga la dimensione sonora e quella dell’ascolto. L’intervento sonoro nel cortile di Mohamed Bourouissa restituisce i codici vocali con cui comunicano i venditori irregolari presenti in città.
Benjamin de Burca & Barbara Wagner hanno presentato One Hundred Steps, videoinstallazione riguardante Bob Quinn, regista e fotografo irlandese che si è occupato della decostruzione dell’immaginario egemonico eurocentrico e dell’analisi che le culture nordafricane hanno avuto nella formazione della cultura irlandese. Un lavoro straordinario, oggi più attuale che mai.
Altrettanto significativo è il docufiction Crimes de solidarité, commissionato da Manifesta e realizzato da Tuan Andrew Nguyen insieme agli ex abitanti dello squat Saint-Just, che è stato per alcuni anni residenza temporanea per migranti e bambini richiedenti asilo, prima che fosse distrutto da un incendio lo scorso giugno.

L’OPERA REGISTRA frammenti di vita e ricordi degli ex abitanti, che all’inaugurazione hanno letto in tempo reale i dialoghi da loro scritti e interpretati nel docufilm. Il titolo vuole far riflettere sul «crimine di solidarietà», compiuto dal Collectif 59 Saint-Just, che ha sostenuto e aiutato i migranti, un «crimine» che può essere perseguito legalmente.
I programmi educativi e di mediazione culturale sono organizzati nel Tiers QG, spazio aperto da Manifesta già nel 2019, e potenzialmente attivo anche dopo la chiusura della rassegna, nel quartiere di Belsunce. Qui sono organizzati incontri e mostre su progetti nati in città, rimessi in scena da intellettuali e musicisti.
Tra gli Invisible Archive (cosi sono denominati i progetti) già presentati vi sono quelli sulla scuola di musica B.Vice, importantissima per la scena hip-hop francese, l’archivio Mémoire des Sexualités, e i materiali dell’associazione escursionistica «Les Excursionnistes Marseillais».
Manifesta 13 ha analizzato le potenzialità di Marsiglia, città laboratorio che, alle ultime elezioni, ha scelto come nuova sindaca, la dottoressa omeopata Michèle Rubirola che si è fatta conoscere per le sue lotte per l’uguaglianza sociale e il rispetto dell’ecosistema. Rubirola è riuscita a strappare la città al governo di destra, e sono alte le aspettative sul suo operato nel Grand Puzzle marsigliese.

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