Un flâneur politico a zonzo per Berlino
Edoardo Sanguineti Uno studio ricco e documentatissimo sul poeta nella città tedesca del filologo Erminio Risso, per le Edizioni dell'Orso
Edoardo Sanguineti Uno studio ricco e documentatissimo sul poeta nella città tedesca del filologo Erminio Risso, per le Edizioni dell'Orso
Il renga è un antico genere di componimento giapponese, a quattro o più mani, con una serie variabile di vincoli testuali: ne inventarono uno all’impronta, per distici e contraintes dovute intanto alle diverse lingue native, quattro poeti ospiti del Poetry International (giugno del 1971) riuniti in una caffetteria nel centro di Rotterdam: si trattava di Yehuda Amichai, voce lirica e forse la massima di Israele che sembrava direttamente sprigionarsi dai quartieri popolari di Gerusalemme; Breyten Breytenbach, poeta bianco di lingua afrikaans, a lungo perseguitato dal regime razzista di Pretoria (e si legga la sua notevole autobiografia, Le veritiere confessioni di un africano albino – Costa & Nolan 1989 – meritoriamente tradotta da Maria Teresa Carbone); Vasko Popa, poeta sperimentale di grande estrosità nonché ultimo testimone del surrealismo slavo; infine Edoardo Sanguineti, quarantenne appena e però massimo esponente del Gruppo 63, firmatario in una bibliografia già ricchissima in cui figurano sia il poemetto Laborintus (’56), la cui deflagrazione ha sconvolto le acque chete della poesia italiana anni cinquanta, sia il romanzo Capriccio italiano (’63) che peraltro Giacomo Debenedetti ha salutato in presa diretta quale campione dell’anti-romanzo vero e proprio: Sanguineti è dunque un autore di riconosciuto rango internazionale pure se, al momento, la neoavanguardia sembra essersi dissolta o riassorbita nel più vasto movimento del ’68.
IL RENGA MISTILINGUE che esce quel pomeriggio di giugno dalla caffetteria di Rotterdam si intitola Made in Holland e il suo autografo è stato di recente rinvenuto fra le carte di Amichai a Yale dal filologo Erminio Risso che ora lo colloca nella appendice documentaria di uno studio complessivo, ricco e documentatissimo, dal titolo Edoardo Sanguineti alla Comune di Berlino. Il mezzo violento della poesia, dalla guerra fredda agli anni duemila (Edizioni dell’Orso, pp. 282, euro 25). Va premesso che quella di Rotterdam è per Sanguineti una diversione da Berlino dove, su invito del Senato della città, è autore ospite per un semestre, fra il maggio e l’ottobre dello stesso 1971.
SI TRATTA di un’esperienza fondamentale perché il poeta non soltanto può mettere per così dire alla prova i classici del pensiero dialettico che legge nell’originale (da Marx a Lukács, dai Francofortesi al suo Bertolt Brecht epicureo e «cinese», quasi un Orazio del comunismo) ma si trova collocato nel cuore della città che divide per antonomasia Est e Ovest al culmine della Guerra Fredda. E proprio da tale esperienza nasce Reisebilder (il titolo proviene da Heine) cioè la raccolta che muta lo stile di Sanguineti alla stregua di un rovesciamento dialettico perché se babelico e debitamente caotico era stato lo stile di Laborintus, al tempo della prima minaccia atomica, quello viceversa di Reisebilder è ritmato dal tono della conversazione quotidiana o dell’appunto diaristico mentre si inaugura la stagione della piena maturità sanguinetiana culminante nella poesia di Postkarten (’77) dove, scrive Risso, «ogni singolo testo si condensa o prende avvio da un a serie di piccoli fatti veri, come essi fossero un pretesto o un’occasione». (E, sia detto per inciso e per esempi paradigmaticamente contrapposti, chi volesse scrutare nel profondo la vicenda italiana di quegli anni settanta non ha che da riandare a Postkarten leggendolo a specchio della raccolta più ignorata e invece decisiva di Pier Paolo Pasolini, Trasumanar e organizzar che esce in contemporanea con Made in Holland). Sanguineti dice di scrivere oramai delle proses en poèmes dedotte da una città che, sulla scorta di Walter Benjamin, non può che essere la grande città borghese i cui effetti su di lui sono autentici «stati d’animo del corpo» come ha rilevato il suo massimo intenditore che è Fausto Curi.
LA VITA QUOTIDIANA del poeta a Berlino è condivisa con sua moglie Luciana, musa e attante della poesia medesima («che comperi golosamente una bandiera rossa: che spedisci/ felice, a mucchi, le cartoline con il ritratto di Leonid Breshnev:/ quando mi ritorni ragazza proletaria, sei più tu – e più mia» Reisebilder 19) mentre lui, il poeta, si presenta in chiave autoironica, anzi autoparodistica, e si specchia nel ritratto del protagonista di Estasi di un delitto dell’amatissimo Luis Buñuel, in un Sade ridotto a banale pornografo e infine in Marty Feldman, pressoché suo sosia, l’attore di Frankenstein Junior (1974): «(come Arcibaldo de la Cruz, sogno delitti che non so commettere:/ un fragile erotomane platonico, inibito pornografo, un poeta»), Reisebilder 16.
UN CORRISPETTIVO straniamento subisce l’immagine della città perché da un lato, l’Est, essa sprofonda in una melma di illusioni infrante e presto rifluite nelle dinamiche di un socialismo carcerario, dall’altra, l’Ovest, rifulge nella sola luce artificiale del mercato dove il valore di ogni cosa è ridotto al suo prezzo, non esclusi gli esseri umani in via di perfetta mercificazione.
Valicando di continuo la frontiera nei due sensi, Sanguineti acquisisce la postura del suo autore primordiale, Baudelaire (un Baudelaire sempre sotto osservazione di Benjamin, beninteso), e diviene via via un flâneur e però un flâneur politico che va a zonzo per la città continuando a percepirsi quale un «proletario cittadino del mondo».
Il poeta, va aggiunto, non si sente affatto un turista ma, più semplicemente, un viaggiatore aperto alla conoscenza del mondo, sempre in bilico tra la cosiddetta Grande Storia e il normale vissuto quotidiano. Lo attesta la messe di schede annotate e finora inedite (un deposito di conoscenze e una traccia bibliografica itinerante) che Risso ha il merito ulteriore di pubblicare negli apparati, quando rileva: «Reisebilder ricerca una sintesi tra un mimetismo quasi cronachistico e un attento montaggio citazionale sintesi sulla quale possa prendere forma un realismo capace di svelare le contraddizioni dei desideri del supermarket e del Weltmarket insomma lo stato di feticcio della merce».
ALL’IO FRANTUMATO per Sanguineti corrisponde una realtà andata, e sia pure in modi divergenti, in frantumi. In effetti il renga intitolato Made Holland mimava e insieme contraddiceva dall’interno la nuova Babele globalizzata spezzando di continuo la trama del senso, spiazzandolo e ogni volta ricodificandolo perché se Laborintus attingeva dal passato materiali fossili, iscrizioni così oscure e desuete da apparire cabalistiche e indecifrabili, d’ora in avanti il poeta una simile congerie non potrà che ritrovarsela di fronte, a riprova di un nuovo universalismo la cui insegna è la forma-merce.
Ancora una volta Sanguineti senza nominarlo discute e disputa con il suo grande antagonista, Pier Paolo Pasolini, cui dedicherà su Paese Sera un necrologio indegno ma che ricorderà in un poemetto del ’79, Le ceneri di Pasolini, non ancora valutato nella sua importanza. Pasolini specie nelle opere estreme (non soltanto negli Scritti corsari e in Lettere luterane) parla di omologazione e di «universo orrendo» da marxisant, come lo chiamava il suo amico Gianni Scalia, leggendo la dinamica del neocapitalismo dentro un moto ancipite che vagheggia la purezza delle piccole patrie preindustriali nello stesso momento in cui assimila il mondo-merce a un perpetuo genocidio, alla pratica quotidiana, banalizzata, del cannibalismo: muovendo dalla propria vicenda biografica, Pasolini sceglie di testimoniarla con una ininterrotta parresìa, che è l’espressione più diretta, corporea, della verità.
Sanguineti, materialista storico, procede invece per via dialettica rifiutando, scrive ancora Risso, ogni dato economicistico per raccogliere «la complessità e la fecondità delle contraddizioni, mettendo in scena l’uomo in lotta per la sua umanità». Anche e specialmente con i mezzi della poesia, «(questo poker: che è un’elegia)», aveva precisato per il renga con i suoi amici nella caffetteria di Rotterdam.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento