Un fantasmagorico inferno per danze futuriste
Scoperte Torna alla luce dopo quasi cento anni la decorazione del cabaret Bal Tic Tac di Giacomo Balla. Si pensava che quella pittura murale fosse andata perduta, ma ora la ristruttrazione dell'edificio della Banca d'Italia ha riconsegnato quel capolavoro
Scoperte Torna alla luce dopo quasi cento anni la decorazione del cabaret Bal Tic Tac di Giacomo Balla. Si pensava che quella pittura murale fosse andata perduta, ma ora la ristruttrazione dell'edificio della Banca d'Italia ha riconsegnato quel capolavoro
Era il 1921 quando un già cinquantenne Giacomo Balla si dedicava alla decorazione del cabaret Bal-Tic-Tac (o Bal Tik Tak) di Roma, chiamato a quell’opera da Vinicio Paladini. L’idea era sempre la stessa: coinvolgere gli ambienti e la vita in quell’utopia dinamica che consegnava il mondo ai colori rallegranti e alla velocità supersonica, come auspicava il Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo. Un teatro quotidiano che affidasse alla simultaneità di forme compenetrate la visione del futuro, rigorosamente astratta, luminosa, drammatica, autonoma, scoppiante (questi gli aggettivi per guidare alle giuste fusioni di arte&architettura).
SI PENSAVA che quella pittura murale – la figlia Elica la descrisse come un «ingresso fantasmagorico di fiamme infernali» – fosse irrimediabilmente perduta: resistevano solo bozzetti di mobili, disegni preparatori, qualche figura di ballerina. Ma oggi è tornata alla luce, in una delle scoperte più emozionanti relative al Novecento: ottanta metri quadrati sono ciò che è rimasto di quel progetto firmato da Balla, rinvenuti durante la ristrutturazione – già in corso dal 2017 – della palazzina di via Milano 24, oggi proprietà della Banca d’Italia. I lavori erano iniziati per accogliere un museo lì dove un secolo fa i Futuristi danzavano, si divertivano su improvvisazioni musicali e dove, negli anni Venti, risuonavano le note del jazz, uno dei pochi locali della capitale a fare «musica leggera sincopata» grazie alla band del violinista Ugo Filippini, appena tornato da Parigi con molte novità tra le corde del suo strumento (anche Balla, fra l’altro, studiò da giovane il violino).
INTONACO, controsoffittature e un oblio dovuto alle stratificazioni d’uso avevano seppellito per quasi un secolo quell’inno sgargiante e vertiginoso alla vita moderna che deliziava i romani più à la page dell’epoca.
Il luogo del murale recuperato è il piano terra dell’edificio – un tempo costruzione nuova di zecca – nato grazie a una sottrazione di terreno al giardino di Villa Hüffer e destinato poi a divenire la hall del Bal Tic Tac.
Giacomo Balla aderì alla realizzazione della decorazione con entusiasmo e ricevette la somma di quattromila lire per la sua impresa. Per quella cifra era intervenuto anche sul mezzanino (primo piano) ma qui sono rimaste scarne tracce cromatiche, non leggibili come nel vano sottostante, anche se sono previste ulteriori verifiche per salvare il salvabile. Il soffitto dell’entrata, coperto con carta fodera, è risultato essere la porzione meglio conservata della pittura (a tempera).
IL RITROVAMENTO verrà inglobato nel Museo per l’educazione finanziaria (intitolato a Ciampi), che sarà inaugurato a chiusura del 2021. Le decorazioni, il cui ripristino è ancora in corso, saranno lasciate nella loro posizione originale e rese così accessibili al pubblico. Basterà aggirarsi per i locali col naso all’insù ed essere risucchiati nel vortice futurista.
Ma che fine ha fatto invece la Casa Balla, «malata illustre»? È stato annunciato l’ultimo step, la messa in sicurezza della dimora di via Oslavia (in accordo con gli eredi dell’artista) e si punta alla sua riapertura, per renderla fruibile ai visitatori. Il restauro è stato realizzato con il supporto della Banca d’Italia e la supervisione e collaborazione della Soprintendenza Speciale di Roma.
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