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Un esposto chiede alla procura di Roma di verificare responsabilità italiane

Un esposto chiede alla procura di Roma di verificare responsabilità italianeMotovedetta della Guardia costiera libica

La strage di Pasquetta La tragedia si è consumata tra il 10 e il 15 aprile di quest’anno: 10 eritrei e 2 etiopi sono deceduti in zona Sar maltese ma a poche miglia da Lampedusa. Altri 51 profughi sono stati riportati contro la loro volontà in Libia

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 3 luglio 2020

Un esposto depositato alla procura di Roma chiede di indagare sulle responsabilità italiane relative alla «strage di Pasquetta»: 12 ragazzi morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. La tragedia è avvenuta tra il 10 e il 15 aprile di quest’anno: «In zona Sar maltese sono deceduti dieci eritrei e due etiopi. Altri 51 profughi, tra i quali due bambini piccolissimi, sono stati riportati contro la loro volontà in Libia, dove sono stati rinchiusi nel centro di detenzione di Tarek al Sika, uno dei lager tra i più tristemente famosi della Tripolitania». È quanto si legge in una nota dell’ong Open Arms, che è tra i promotori dell’esposto insieme al comitato Verità e giustizia per i nuovi desaparecidos e al senatore Gregorio De Falco.

«Dalla ricostruzione della vicenda – prosegue Open Arms – sono emersi due fatti inspiegabili, che prospettano condotte tali da configurare concrete ipotesi di reato e di violazione del diritto internazionale: l’enorme ritardo dei soccorsi (sono passati ben 5 giorni prima che si registrasse il primo intervento concreto); la deportazione dei naufraghi in Libia, paese che non può definirsi “porto sicuro” e che, per di più, dista quasi 150 miglia dal punto in cui si trovava il gommone in difficoltà, mentre Lampedusa era a meno di 30 miglia. Essendosi la tragedia consumata nell’enorme zona Sar maltese, l’attenzione generale si è concentrata sulle decisioni prese da La Valletta. In realtà, ad analizzare i fatti, l’Italia non sembra esente da gravi responsabilità»

Il gommone con i 63 profughi (in maggioranza eritrei, qualche etiope e alcuni sudanesi) era partito la sera del 9 aprile da Garabulli, puntando verso nord. Già il giorno dopo non era più in grado di reggere il mare e aveva lanciato una richiesta di aiuto ad Alarm Phone. I volontari avvertirono i Centri di coordinamento dei soccorsi di Malta e Roma ma era comunque già stato avvistato da un aereo da ricognizione dell’agenzia europea Frontex, la quale a sua volta ne aveva segnalato la presenza sia a La Valletta che a Roma. Nel lanciare la richiesta erano stati chiari: «Il compito di organizzare eventuali operazioni di soccorso non spetta a Frontex ma alle autorità marittime competenti, debitamente avvisate».

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