«Un esodo? Molto difficile che ci sia, piuttosto aumentiamo i salvataggi»
Intervista Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni
Intervista Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni
Flavio Di Giacomo è il portavoce dell’Oim-Italia, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Le sembra realistico l’allarme di Frontex?
Sinceramente pare poco plausibile parlare di 500 mila, 1 milione di persone in arrivo in Italia. Sappiamo che in Libia ci sono sicuramente decine di migliaia di persone, stando anche ai racconti dei migranti, però bisogna distinguere tra chi si trova in Libia perché già voleva venire in Europa e chi invece si trovava in Libia perché lavorava lì. Stranieri che ora vogliono lasciare la Libia per motivi di sicurezza e tornare al proprio Paese. Per esempio l’Egitto sta già organizzando delle evacuazioni. Come è successo nel 2011. Questa è una situazione inedita fino a un certo punto: anche nel 2011 si era parlato dell’arrivo di centinaia di migliaia di persone, ma alla fine ne sono sbarcate in tutto 60 mila, tra primavera araba e guerra in Libia.
Negli ultimi tempi la situazione dei migranti in Libia è ulteriormente peggiorata.
I migranti con cui parliamo ci raccontano di una situazione estremamente pericolosa. Sappiamo che spesso quando lavorano non sono pagati o sono pagati per metà della cifra pattuita e se protestano possono essere picchiati, oppure possono essere rapiti da vari gruppi, bande che poi chiedono il riscatto ai familiari. Diciamo che i migranti, soprattutto quelli di origine subsahariana, hanno paura ad andare in giro per strada in questo momento. Questo però succede da mesi. Il famoso aumento di sbarchi dell’anno scorso, quando sono arrivati 170 mila profughi, è stato causato non – come si è detto – perché c’era Mare nostrum che faceva da elemento di attrazione, bensì dalle due grandi crisi internazionali, la Libia e la Siria. Ora se vediamo le cifre degli arrivi di questi ultimi anni, che hanno toccato un picco durante la crisi del 2011 e poi un superpicco l’anno scorso, obiettivamente pare difficile immaginare che le cifre fatte da Frontex possano essere davvero realistiche. Anche perché dal punto di vista semplicemente operativo è anche difficile trovare le imbarcazioni sufficienti per portare 500 mila, un milione di persone da noi. Tendenzialmente il flusso resterà alto, questo non possiamo negarlo, però pare davvero molto poco plausibile che si possa parlare di un esodo di questo genere. Piuttosto è possibile che si passi da una situazione di migranti in fuga da una crisi, a una di migranti bloccati dalla crisi, persone che avranno probabilmente voglia di tornare a casa loro. Probabilmente ci saranno delle evacuazioni organizzate dai Paesi di origine che vorranno aiutare i propri connazionali,
Già adesso la tendenza degli arrivi è in aumento. Se continua così nel 2015 supereremo i 170 mila dell’anno scorso.
E’ una situazione abbastanza inedita. E bisogna vedere cosa accadrà. Adesso i migranti riescono a partire, se la situazione dei combattimenti dovesse peggiorare può anche darsi che non riescano neanche a mettere più il naso fuori da casa perché troppo pericoloso. Mi ricordo che nel 2011 nei momenti in cui si combatteva di più le partenze si erano fermate. Ci sono vari scenari di fronte ai quali dobbiamo prepararci. Però se vediamo i flussi come sono adesso e come stanno procedendo rispetto all’anno scorso, sicuramente c’è un aumento che può essere quantificato intorno al 30-40%. Ma ripeto, da lì a dire che si arriverà alle cifre fatte da Frontex mi pare un po’ troppo.
Da settimane si parla di un ripensamento di Triton, ma resta sempre l’ambiguità se farne più una copia di Mare nostrum, e quindi intensificare i salvataggi, oppure puntare ancora sul controllo delle frontiere. Nel frattempo Frontex chiede maggiori finanziamenti.
Noi pensiamo che la priorità sia quella di salvare vite umane, quindi sarebbe importante focalizzare l’attenzione innanzi tutto sulla ricerca e il soccorso in mare prima che sul border control, naturalmente senza dimenticare che le esigenze di sicurezza vanno sempre tenute in considerazione. Però la principale urgenza è quella di salvare vite. L’anno scorso sono morte 3.200 persone e quest’anno in soli due mesi siamo già oltre le 400. Sono tantissime, è un’ecatombe. Quindi sicuramente bisognerebbe ampliare geograficamente il raggio di azione dei meccanismi di ricerca e soccorso in alto mare, perché così come sono non va bene. Bisogna soccorrere le persone ben oltre le 30 miglia marine, limite entro il quale oggi si ferma Triton. Il Mediterraneo va pattugliato in acque internazionali molto più lontane dalle coste italiane e più vicine a quelle libiche.
E’ d’accordo anche lei che Triton ha fallito?
No perché comunque è stata una dimostrazione di solidarietà europea che mancava. Sicuramente va riaggiustata secondo quelle che sono le esigenze pratiche che si stanno dimostrando in questo momento.
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