Un dispositivo contro l’angoscia
Storia delle idee «Sulla pandemia. Appunti di un filosofo in quarantena» di Giuseppe Cacciatore, per Francesco D’Amato editore
Storia delle idee «Sulla pandemia. Appunti di un filosofo in quarantena» di Giuseppe Cacciatore, per Francesco D’Amato editore
Le nostre vite sono ormai da cinque mesi una ragnatela di dubbi e di incertezze prodotte dall’improvvisa e inaspettata circolazione del virus Covid-19. Ci interroghiamo quotidianamente per capire che cosa la pandemia ha provocato in noi. Così ha fatto anche Giuseppe Cacciatore che ha raccolto in un libro alcune sue riflessioni maturate durante il periodo di quarantena e pubblicate su alcuni giornali nazionali. Il libro, edito da Francesco D’Amato editore, dal titolo Sulla pandemia. Appunti di un filosofo in quarantena (pp. 84, euro 10), si apre con una triade d’eccezione. In epigrafe una citazione di Vittorio Foa in cui leggiamo queste parole: «La memoria altrui ha un senso solo se elaborata sulle domande proprie». A questa segue in controcanto una citazione di María Zambrano che, come filosofa della crisi e dell’esilio, ci insegna che il domandare, il porsi domande è uno degli aspetti che più ci rende umani.
DELLE DOMANDE che ci poniamo, infatti, non è importante l’immediatezza della risposta, quanto la loro possibilità attiva, l’apertura di spazi inediti che esse offrono al pensiero. La triade si chiude con una citazione di Benedetto Croce, il quale se si rallegrava di quei tempi in cui modi della vita e modi della filosofia si corrispondono perfettamente, metteva in guardia dal piegarsi o assecondare il proprio pensiero alle mode filosofiche dei tempi.
Composto da quattordici articoli e dalla riedizione di un testo sullo spirito della medicina di Domenico Cotugno, il libro è un corpo a corpo con la realtà di questo tempo. Le parole che lo attraversano e che sono indagate per la loro risonanza mediatica sono: paura, epidemia, fratellanza, libertà, dignità, uguaglianza, vecchiaia, prudenza, buon senso, occupazione, capitalismo selvaggio, miopia politica. Inoltrandosi in una riflessione razionale mai sganciata del suo sentire e dall’esperienza diretta, è possibile trovare un antidoto all’angoscia che ha attraversato e attraversa ciascuno/a di noi di fronte a questo nemico insidioso e invisibile che, da un giorno all’altro, ha messo e sta ancora mettendo in scacco tutte le nostre certezze, le nostre sicurezze e i nostri progetti di vita. Nelle narrazioni mainstream si parla per lo più di danni economici e sociali. Questo libro invece parte innanzitutto dai danni psicologici. Indagare le distorsioni della mentalità collettiva e delle tragiche conseguenze cui può portare la paura individuale è trovare degli argini all’irrazionalità dilagante entrando senza remore nei meandri più lucidi della ragione. Il contagio del virus è andato di pari passo con la paura. Questo è innegabile. Si è visto dire e sentire tutto e il contrario di tutto in un ribaltamento repentino di prospettive e di mancanza di informazioni chiare. Avremmo voluto avere la certezza di una verità innegabile, almeno per ciò che riguarda il modus operandi della medicina. Invece ci siamo ritrovati a fare i conti con affermazioni smentite subito dopo o messe in discussione da affermazioni contrarie.
RESTA IL FATTO che per l’autore solo il dire la verità può offrirci una visione chiara di ciò che ci accade. Cosa abbiamo imparato e cosa stiamo ancora imparando da questa esperienza drammatica? Innanzitutto cose a prima vista banali: che la salute viene prima di ogni cosa. I luoghi strategici delle comunità come le scuole, gli ospedali e la stessa natura come ambiente che ci accoglie, hanno una priorità su tutto e non possono essere assoggettati alla logica dell’interesse privato e del denaro. Seguendo Elena Cattaneo, scienziata di fama internazionale, senatrice a vita e donna che ha messo al centro del suo lavoro il senso del vivere civile e della comunità, Cacciatore auspica la creazione di una task force europea che possa monitorare e migliorare la risposta sanitaria di fronte a situazioni di questo tipo e non solo. Un virus come quello che stiamo vivendo va affrontato non solo nei termini della medicina e della scienza, ma tenendo in conto le conseguenze umane e sociali che provoca a lungo termine, soprattutto per ciò che riguarda anziani e bambini/e. Conseguenze che per l’autore non sono quelle, pur invocate da più parti, di una repressione delle libertà democratiche attraverso le gestione politica dell’emergenza, per lo meno non qui in Italia. Se con Kant continuiamo a pensare la libertà come una proprietà essenziale della co-esistenza umana, allora dobbiamo riferirci alla nostra responsabilità, all’obbligo che ci tiene uniti prima di qualsiasi diritto. In questo, l’autore si sente più vicino alle riflessioni e al sentire di Gustavo Zagrebelsky che ha visto nelle misure adottate una grande risposta di responsabilità e di tutela della vita umana più che un attacco alla libertà.
IL DIRITTO ALLA SALUTE, alla vita di ogni essere umano sono gli assi portanti della nostra Costituzione. Proprio per questo l’autore rilancia il senso dell’uguaglianza come principio fondamentale che non può essere offuscato da interessi economici di matrice neoliberista e monopolista. I limiti del capitalismo, la sua brutalità, le crepe, le ingiustizie che produce sono apparse ovunque con la loro spietata chiarezza. Si tratta allora di prendere atto che questo sistema economico deve essere trasformato. Innanzitutto a partire dal modo di produzione. Avere il coraggio di prendere una nuova direzione che ci conduca verso i più reali e i più naturali bisogni di questa terra. L’auspicio è che da questa crisi possiamo uscirne con una maggiore consapevolezza critica e con strumenti analitici adeguati se solo lo vogliamo. Rivalutare e rafforzare il nostro sistema sanitario alla luce degli effetti disastrosi e umanamente ingiusti che comportano le privatizzazioni in ambito sanitario e non. Dirottare le risorse dove ce n’è estremo bisogno per ridurre la rabbia sociale e per far fronte alle drammatiche ricadute sull’occupazione. Un capitolo importante è dedicato alle persone anziane che sono state e continuano ad essere le più colpite da questo virus. L’autore ci ricorda l’importanza che le grandi culture classiche attribuivano agli anziani e al riconoscimento del loro insostituibile valore che, come tale, non è negoziabile. Il libro si chiude con un omaggio alle eccellenze mediche del Sud.
Se nella narrazione dei media manca quasi sempre il tassello delle eccellenze ospedaliere meridionali e tutto ruota sui disastri della malasanità, qui invece si rende visibile la capacità e la professionalità del personale medico che opera nel sud Italia nonostante le evidenti ingiustizie sociali. L’ospedale «Cotugno» di Napoli, specializzato nelle malattie infettive, è una di queste eccellenze. Fondato nel 1884 prende il suo nome dalla straordinaria figura di Domenico Cotugno (1736-1822). Originario di Ruvo di Puglia ma trasferitosi presto a Napoli dove avviò i suoi studi fino a conseguire la laurea presso la prestigiosa scuola di medicina salernitana, Cotugno svolse la sua attività presso l’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Considerava la medicina un’arte applicata.
CI HA LASCIATO, tra gli innumerevoli altri, uno scritto sulla medicina pubblicato nel 1772, dal titolo Dello spirito della medicina che troviamo in appendice al libro. Sua convinzione è che un buon medico è osservatore e ascoltatore della natura umana. Anticipando l’intuizione di Maria Zambrano, anche Cotugno in fondo ci insegna che le risposte vanno cercate mettendosi innanzitutto in ascolto di ciò che accade, senza fretta.
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