Un contratto equo per i traduttori
Editoria Al Book Pride di Milano è stata siglata un’intesa innovativa per i traduttori tra gli editori di Odei e i sindacati Slc-Cgil e Strade
Editoria Al Book Pride di Milano è stata siglata un’intesa innovativa per i traduttori tra gli editori di Odei e i sindacati Slc-Cgil e Strade
Cinque punti fermi a garanzia di un contratto legale, trasparente ed equo per i traduttori editoriale. Per coloro che danno la voce, in italiano, agli autori di romanzi o saggi, discorsi e pensieri scritti in altre lingue, l’accordo firmato alla fiera dell’editoria indipendente Book Pride domenica scorsa a Milano è un importante passo in avanti per il riconoscimento dei diritti. L’Osservatorio degli editori indipendenti (Odei) ha stabilito un protocollo d’intesa con Slc-Cgil e l’associazione dei traduttori editoriale Strade, già protagonista di un significativo accordo con la società di mutuo soccorso «Insieme Salute» per garantire ai traduttori e ai suoi familiari una protezione sanitaria su base mutualistica. La stessa intesa è stata adottata da altre associazioni del lavoro autonomo e freelance come Acta e costituisce un avanzamento per tutti i lavoratori del «quinto stato».
L’accordo sulle «buone pratiche per un’editoria sana» stabilisce, al primo punto, che la legge di riferimento per le traduzioni editoriali è quella sul diritto d’autore e non i contratti presenti nel diritto civile, come quello di prestazione d’opera o il contratto di vendita. In questo modo i traduttori vengono considerati «autori» e quindi hanno diritto al nome sulla copertina e/o sul frontespizio del libro tradotto. Tradurre è anche riscrivere, nel rispetto del testo dello scrittore. Un’opera di ingegno che va protetta come quella che ha generato un libro, in un’altra lingua.
Gli editori e i traduttori hanno convenuto anche sulla necessità di una negoziazione sui diritti e la loro cessione. è un altro punto importante perché si riconosce la capacità dei lavoratori autonomi di stabilire le regole per eseguire un incarico. Tra l’altro, si stabilisce che il contratto non può contenere clausole con cui l’editore si riserva di non pubblicare la traduzione commissionata entro due anni dalla consegna. In questo caso il traduttore tornerà in possesso dei diritti sull’opera.
Un libro non si esaurisce nella traduzione. Spesso è il risultato di una curatela. In casi di libri che prevedono molte pagine, ad esempio, il traduttore può esserne l’autore della selezione del materiale da pubblicare, in accordo con l’autore e l’editore italiano. L’accordo stabilisce che la curatela, come la compilazione di bibliografie, devono essere pagati a parte e regolato da contratti separati e distinti. Naturalmente il traduttore si impegna a consegnare all’editore «un testo tradotto al meglio delle proprie capacità».
L’opera di traduzione ha bisogno di cura e, nel caso dei testi letterari, di un talento e una «coerenza stilistica». Insomma, le doti maturate da chi sceglie di fare il mestiere del traduttore. Quest’ultimo avrà il diritto di rivedere e correggere le bozze e potrà approvare il testo definitivo prima della pubblicazione.
«Si impegnerà -si legge nell’accordo – a valutare gli eventuali cambiamenti senza pregiudizi». Infine, nel caso di inadempienze, le parti si sono impegnate a non ricorrere a «clausole risolutive espresse» e daranno all’altra parte «un termine ragionevole per rimediare». Può essere un modo per evitare «comportamenti professionalmente scorretti».
«Queste linee guida valorizzano tutti gli attori che contribuiscono alla creazione dei libri» sostengono gli editori di Odei. Per Slc-Cgil «é un chiaro esempio di contrattazione inclusiva e di come il sindacato possa rappresentare i lavoratori non subordinati». «Per fare bei libri, fatti bene, è necessario rispettare i diritti e i patti – sostiene Strade – Così si riconosce il valore della nostra professione».
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