Un consiglio di Benedetto Croce valido oggi
Faccio parte delle generazioni di coloro che si sono formati in anni lontani una coscienza politica. Appresero i rudimenti d’una loro educazione civica, quelle generazioni, articolandoli sui principi della costituzione repubblicana. Su quei presupposti esse promuovevano la formazione di un cittadino partecipe della cosa pubblica, capace di svolgere un impegno attivo, presente alla sua parte, come sollecitano e richiedono le regole che stanno a fondamento delle democrazie. Oggi, in Italia, il processo che si è affermato con un andamento costante da trent’anni in qua nel progressivo indebolimento del parlamento e della democrazia rappresentativa, trova attualmente un suo culmine nella diffusa e auspicata istanza presidenzialista e autoritaria. Istanza promossa in primo luogo da quanti hanno, fino dal 1946, rivendicato la loro ascendenza nelle culture del fascismo e nei loro esiti, da loro sentiti come distinti dallo spirito della costituzione. Ma tant’è.
Quanti, italiani cresciuti nel compito di realizzare pienamente le indicazioni della costituzione del 1948, intendono oggi opporsi con fermezza alle soluzioni autoritarie e presidenzialiste perseguite dal governo in carica dall’autunno del 2022, constatano ogni giorno di trovarsi in una grande difficoltà ad operare efficacemente. Impellente sorge la domanda: come mettere in piedi una opposizione? E alla consapevolezza di quanto sia complicato e incerto il compito, tuttavia proprio nei più determinati ad affrontarlo con le necessarie energie, che han da esser nuove, si accompagna troppo spesso un sentimento che inclina a ritrovare nel passato le idee e le soluzioni adatte ad affrontare i guasti che minacciano di travolgere definitivamente la democrazia repubblicana.
A svolgere una riflessione su tale stato d’animo rivolto al passato e venato di nostalgia e su come debba essere contrastato, tornano preziose alcune considerazioni da Benedetto Croce appuntate in un suo diario (Quando l’Italia era tagliata in due. Estratto di un diario. Luglio 1943, giugno 1944) alla data del 1° marzo del 1944.
Scrive Croce: «noi, nel tenace fondo del nostro animo, siamo ancora nell’attesa che risorga un mondo simile a quello, continuazione di quello in cui già vivemmo per più decenni». E, con inflessione introspettiva, così continua: «in ciò è la sorgente della nostra implacabile angoscia, perché quella speranza sempre più si allontana e, peggio ancora, s’intorbida e si oscura.
Noi dobbiamo prevedere non il risorgere di quel mondo, la sua ripresa e miglioramento, ma una sequela a perdita di vista di scotimenti e rivolgimenti e rovine per rivoluzioni e per guerre». Così come Croce si vieta di cavare da un’epoca politica che a lui appare virtuosa nel giudizio storico e nel ricordo (l’epoca di «prima della guerra del 1914, di pace di lavoro, di collaborazione nazionale e internazionale»), così, per quel che riguarda la costruzione di una opposizione oggi, male si procede se ci si rifà agli anni dell’Italia tra 1945 e 1978, alle realizzazioni e alle speranze di allora. Accosto ancora, quasi in un gioco di contrappunto, le parole di Croce: «Dobbiamo risolutamente distaccarci da quelle speranze, acconciarci all’idea di una vita da vivere senza stabilità, senza possibilità d’intesservi sopra, come un tempo, un’ordinata attività individuale e sociale».
La sintonia tra questi pensieri di Croce e le domande che ci rivolgiamo oggi potrebbe esaurirsi qui. Non fosse che la pagina di Croce, vergata ottanta anni fa, si apre a scenari che plausibilmente contrassegneranno le forme della politica nelle società che verranno a crearsi dopo il 1944. Il futuro si affaccia, scrive, su un «terreno traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando. All’indifferenza non arriveremo certamente mai: perdurerà sempre o si rinnoverà il senso di disorientamento, di mancanza di un appoggio, d’instabilità, di malcontento, di malessere». Condizioni storiche, ipotizza Croce «che prenderanno un mezzo secolo, se non più, e potranno anche non raggiungere qualcosa di positivo, ma condurre alla finis Europae».
È a questo livello che va progettata un’opposizione oggi.
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