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Un caso la timidezza di Conte: non ha criticato Trump

Un caso la timidezza di Conte: non ha criticato TrumpAssedio a Capitol Hill – Ap

Italia A differenza di Angela Merkel e di altri leader europei, il presidente del Consiglio glissa sul ruolo incendiario di the Donald. E viene criticato anche dal Pd, mentre Renzi ne approfitta per attaccarlo sul controllo dei servizi segreti

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 8 gennaio 2021

«Io avrei detto di più. Bisogna essere chiari, la violenza è inaccettabile ed è stata innescata da Trump». Anche il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, che quotidianamente si spende per difendere Conte come «punto di equilibrio» per l’attuale maggioranza, ha trovato insufficiente il timido post con il quale nella sera del giorno della Befana il presidente del Consiglio italiano ha condannato l’assalto al Congresso americano. Tacendo del tutto sulle responsabilità di Trump. E niente Conte ha aggiunto ieri, se non le congratulazioni a Biden. Diversamente da quanto ha fatto la Cancelliera Merkel che ha «deplorato» il comportamento del presidente uscente che «non ha riconosciuto il risultato delle elezioni e ha preparato l’atmosfera per gli eventi della notte scorsa». Persino Boris Johnson ha accusato Trump di aver «completamente sbagliato». Mentre il presidente francese Macron ha almeno citato il fatto che sono stati «i sostenitori di Trump a mettere in discussione con le armi il risultato legittimo».

La timidezza di Conte è diventata un caso anche perché ha ricordato un precedente assai recente. L’analoga prudenza con la quale il presidente del Consiglio italiano il 7 novembre scorso, quando i capi di governo di tutto il mondo riconoscevano – sulla scia dei network Usa – la vittoria di Biden, aveva preferito fare i suoi complimenti solo «al popolo americano». Correggendo però qualche ora dopo.
Ieri a sollevare il problema sono stati soprattutto i rappresentanti di Italia Viva, ai quali non dev’essere sembrata vera l’occasione di poter attaccare ancora Conte. La ministra Bellanova ha detto di non aver apprezzato la reazione «tiepida» di Conte. Renzi prima ha alluso a se stesso – «Il comportamento di Trump è folle, quando uno difende il rispetto della separazione dei poteri, l’attribuzione corretta delle deleghe, il rispetto delle liturgie democratiche non sta perdendo tempo ma sta facendo politica contro il populismo» -, poi ha rilanciato la critica a Conte contenuta in un post di Walter Veltroni. « Non si può commentare l’attacco alla democrazia americana senza condannare esplicitamente chi ne è responsabile», ha scritto infatti il primo segretario del Pd elogiando la nettezza di Angela Merkel.

Ma Italia Viva non si è fermata qui, approfittando del fianco scoperto di Conte per legare la sua timida reazione alla questione della delega sui servizi segreti. Secondo i renziani, infatti, all’indomani dei fatti di Washington il passo indietro di Conte sui servizi è «ancora più urgente» tanto più che il presidente del Consiglio «dovrebbe fare chiarezza» sulla visita in Italia dell’Attorney general dell’amministrazione Trump, William Barr. Si tratta di una storia nota, sulla quale Conte è stato anche sentito dal comitato parlamentare sui servizi segreti, e si riferisce al sospetto che il nostro presidente del Consiglio abbia collaborato con l’attuale amministrazione Usa non smentendo un ruolo dell’intelligence del nostro paese in una macchinazione contro l’elezione di Trump, all’epoca in cui Renzi era a palazzo Chigi.

Di concreto ci sono solo le ripetute attestazioni di stima di Conte a Trump, non solo durante la fase giallo-verde alla quale si riferisce la foto dei due insieme con il pollice alzato che fa il giro dei social, ma anche più recentemente per l’imbarazzo del Pd. Come quando Trump è stato il primo a dare appoggio a Conte (il tweet “Giuseppi” di fine agosto 2019) o Conte l’estate scorsa ha spiegato che per lui non faceva differenza la vittoria di Trump o di Biden.

Del resto dai 5 Stelle sono venuti in questi anni continui riconoscimenti al presidente americano, il primo fu Grillo quando festeggiò la vittoria di the Donald sottolineandone le affinità con il Movimento. Poi Di Battista ha parlato di Trump come presidente «migliore di quel golpista di Obama». E Di Maio in campagna elettorale nel 2017 ha spiegato di voler prendere ispirazione dalla riforma fiscale di Trump. E infine ieri, al termine di un breve dibattito alla camera sui fatti di Washington aperto dal deputato Pd Sensi, il rappresentante di 5 Stelle che è intervenuto ha condannato «ferocemente» le violenze. Ma è riuscito a non citare Trump,

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