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Un cambiamento dal sentore sinistro

Un cambiamento dal sentore sinistro

Colpo di Stadio Questa storia della Superlega del pallone andate un po’ a spiegarla a Vado Ligure. Da quelle parti, Liguria di ponente, hanno vinto la Prima Coppa Italia. Era il 1922, era una squadra di operai, giovani del posto, gente perbene. Giocavano in un campo che stava davanti alla ciminiere della fabbrica Fumagalli e alla stazione dei treni.

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 22 dicembre 2023

Questa storia della Superlega del pallone andate un po’ a spiegarla a Vado Ligure. Da quelle parti, Liguria di ponente, hanno vinto la Prima Coppa Italia. Era il 1922, era una squadra di operai, giovani del posto, gente perbene. Giocavano in un campo che stava davanti alla ciminiere della fabbrica Fumagalli e alla stazione dei treni. Vado in finale sconfisse l’Udinese, si giocò il 16 luglio, tre mesi e dodici giorni dopo le camice nere marciarono su Roma e si presero l’Italia. Quegli operai che giocavano a calcio stavano un po’ sulle palle ai fascisti e il motivo era soprattutto perché rappresentavano l’orgoglio della gente di Vado, tipi «rossi», socialisti e comunisti. Già nel Ventennio quel pezzo di valle che sale dal mare venne riempita di un nutrito elenco delle peggio cose in circolazione, depositi di esplosivi e munizioni, mentre nei fondali del porto vennero gettati rifiuti velenosi. «Voi ci riempite di schifezze? E noi vi dimostriamo che non abbasseremo mai la testa, anche grazie alla nostra squadra di pallone», rispondevano quelli prima di scendere in campo.

ECCO IL SENSO del calcio per gli italiani, un campo sotto ogni campanile, un senso di identità e di storie da tramandare, anche se i quattrini per andare avanti sono tantissimi per pochi e pochissimi per tanti, anche se tener su la baracca in serie C è già da anni un’impresa.
Spiegatela a Vado Ligure questa storia della Superlega, spiegatela alla gente del Genoa che vinse il primo scudetto della storia, alla gente dell’Hellas Verona o della Sampdoria che hanno visto gli ultimi titoli tricolore dal volto umano. Provate a sostenere che questa ennesima genialata ha un senso a Casale Monferrato, Novara, Vercelli, Castel di Sangro o Bologna dove hanno quasi ripreso a vincere come non gli succedeva da più di mezzo secolo. Quella incassata dalla lobby della Superlega non è la semplice notizia di un cambiamento, ma una svolta istituzionale che potrebbe portare al definitivo divorzio tra il calcio e la sua gente. In realtà il condizionale già appare un optional e qualora si riuscisse a limitare i danni si finirà per aumentare la metamorfosi in videogioco iperrealistico con figuranti veri, o invece rilanciarne il seguito tra i nativi digitali che tengono lo stadio nel telefono. Come la globalizzazione economica ha esasperato anziché ridurre le diseguaglianze, quella del pallone (attrezzo sportivo non a caso geomorfo) potrebbe trasformare inizialmente campionati nazionali e coppe continentali in un Rotary Club a inviti, rimodulando la norma fondamentale su cui si regge questo sport, meno bello e nobile di altri, ma misteriosamente il più seguito di tutti: il tifo.

CI SIAMO abituati, quasi tutti, a vedere disputati i mondiali di ciclismo (2016) e di calcio (2022) in Qatar, una landa grande come l’Abruzzo ma con i giacimenti di gas al posto degli orsi. Tutto era cominciato con gli smottamenti alla tradizione, fuoco lento che lessa la rana, dalle supercoppe nel Golfo all’esodo degli illusionisti al tramonto ingaggiati nei circhi tra le dune, fino all’abiura spinoziana di Colin Shindler, ebreo e Citizen dall’infanzia e quindi duplicemente emarginato negli anni della dittatura dei Reds, autore di due mirabili volumi gemelli: «La mia vita rovinata dal Manchester United» e, dopo la sbornia di successi a suon di miliardi emiratini, «La mia vita rovinata dal Manchester City». Segno che non tutto, per lo meno l’inconscio, ha un codice a barre.
Può darsi che questa accelerazione plutocratica migliori il calcio, più facile lo spezzi come sui transatlantici di una volta suddivisi in classi. I grandi club già vagheggiano di sfidarsi sulla Luna, i plebei progettano di disputarsi titoli in tornei mondati dalla prepotenza. Ma il sentore è sinistro, è lo stesso avvertito dal professor Lolli, che aveva usato la metafora della fine del cinema muto per raccontare un altro tramonto delle illusioni: «dalle panchine vediamo passare / delle folle accaldate di gioia / per il futuro mondo fantascientifico / e il suo meccanismo che distrugge la noia». Come tutte le trasformazioni di stato nella fisica classica, anche questa non sarà reversibile. E probabilmente quelli che dovrebbero fare la rivoluzione pensano già agli sconti sull’abbonamento.

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