Ai primi del Novecento, Selma Lagerlöf (premio Nobel per la letteratura nel 1909, prima donna a ricevere l’ambito riconoscimento) se ne va in giro per il paese, percorrendolo in lungo e largo avendo ricevuto l’input da un maestro speciale come Alfred Dalin che voleva catturare l’attenzione dei bambini, affidando i manuali didattici di geografia e storia a scrittori e artisti. È così che nacque Nils, il disobbediente per antonomasia che un giorno si risveglia in misura lillipuziana per aver fatto un torto allo gnomo. La mutazione «genetica» sarà solo l’inizio di una grande avventura – seguendo la migrazione delle oche – che ha il sapore di una educazione sentimentale collettiva. Sulla scia di antiche leggende e di altri antenati del foklore nordico, anche Nils imparerà il linguaggio degli animali e stringerà una relazione intensa – a volte di reciproco soccorso – con alcuni di loro, un tempo dileggiati. In patria il suo racconto visionario subì molte critiche: non era sufficientemente istruttivo. Ma agli studenti piacque moltissimo e ne decretarono il successo planetario.
Il testo fu rimaneggiato in seguito, per renderlo più «leggibile» fra i banchi; in realtà, ebbe una sorta migliore all’estero, dove venne subito apprezzata la narrazione originale e il registro fantastico privo di intenti pesantemente didascalici.
La scrittrice Kochka – che qui si cimenta con Lagerlöf – ha già pubblicato con Gallucci la fiaba illustrata I cigni selvatico. Suo anche il suo romanzo Il bambino che mangiava le stelle (uscito per Salani), storia di un incontro eccentrico, pieno di sorprese, fra una ragazzina che si trasferisce in un condominio parigino e il suo vicino di casa, di quattro anni, affetto da autismo.