La fotografia è un’escursione, «impossibile da conoscere e restituire nella sua interezza», destinata proprio, dalla sua nascita, a usi e funzioni contesi tra scienza, arte, industria e magia. Le sue stesse origini ci guidano verso possibili, molteplici storie, le storie della fotografia, non ancorabili a un esclusivo, lineare percorso di duecento anni. Allora meglio dedicare un volume alla cultura fotografica, dal titolo Due secoli di storia e immagini (Edizioni gallerie d’Italia / Skira, pp. 352, euro 65). L’autore del volume è Walter Guadagnini, storico della fotografia, già direttore del festival Fotografia europea di Reggio Emilia e di Camera, centro italiano per la fotografia. Guadagnini ha assemblato un atlante che – partendo dal contesto romantico in cui è nata l’idea della fotografia nel tardo Settecento, o quantomeno, dal desiderio di inchiodare la realtà – ripercorre le storie della fotografia a partire dall’invenzione ottocentesca; attraversa le rivendicazioni di paternità (sette francesi, sei inglesi, sei tedeschi, un americano, uno spagnolo, un norvegese, uno svizzero e un brasiliano) e – al contempo – intervalla tre album, in modo da sintetizzare proprio una storiografia delle immagini.

NON MANCANO sedici approfondimenti tematici a cura di Monica Poggi (La cianotipia, la stereoscopia, l’albumina, la fotografia spiritica, la cronofotografia, la gomma bicromata, il flash, la vortografia, la fotografia aerea, la Candid Photography, la fotografia a colori, la fotografia di moda, la Polaroid, la fotografia nei musei e nelle scuole, la rivoluzione digitale).
In apertura del volume troviamo un Album, una raccolta di immagini-icone che ci compongono dal 2021 al 1970, poi dal 1970 al 1920, per finire con il terzo Album, dal 1920 al 1826. L’ultima immagine del volume è Veduta dalla finestra di Le Gras Saint Loup de Varennes, 1827, di Joseph Nicéphore Niépce, oggi conservata ad Austin (Ransom Center), immagine pietra miliare della canonica storia della fotografia, diffusa ovunque quale La prima fotografia, qui nella versione ritoccata.
In realtà, come sottolineato da Geoffrey Batchen,Veduta dalla finestra di Le Gras Saint Loup de Varennes non è una fotografia ma un dipinto tratto da un disegno, la rappresentazione di una rappresentazione: è tecnicamente un falso. Dunque, dal principio, in una sorta di perversa eterogenesi dei fini, la fotografia abiurando i suoi scopi, è impossibilitata al fedele rispecchiamento: arte non scienza, documento condannato alla verifica, e soprattutto documento di sé stessa, per sempre postuma.

GUADAGNINI RICORDA il caso de Il Lustrascarpe di Daguerre, presentato in tutti corsi di Storia della fotografia come significativo esempio di intervento a scapito dell’agognato fedele rispecchiamento del vero. Quella che avrebbe dovuto essere la descrizione di uno scorcio di realtà, la vista su Boulevard du Temple, una strada parigina molto trafficata, si trasforma nell’emblema menzognero della fotografia. Ne Il trittico di Monaco (1839) di Daguerre (Monaco, Fotomuseum) sono presenti due diverse versioni temporali di Boulevard du Temple. Nel 1838 Daguerre non era in grado di fissare sulla lastra le figure in movimento, tant’è che la rappresentazione di Boulevard du Temple – di giorno – è la rappresentazione di una strada vuota, quando vuota non poteva esserlo. Niente carretti, uomini, cavalli. Invece, nella seconda immagine del trittico – sullo stesso Boulevard – compare un lustrascarpe e il suo cliente (si vede più il cliente fermo del lustrascarpe in movimento). «È più che plausibile che» Daguerre «sia intervenuto a modificare la realtà».

PRESUMIBILMENTE è sceso (l’immagine è ripresa dall’alto) e ha chiesto (forse pagando) ai due uomini di restare immobili il tempo necessario – all’epoca il tempo necessario era parecchi minuti – alla piccola immortalità di due secoli, immobili quali possono esserlo i primi uomini intrappolati all’inizio di una storia avvincente. La storia della fotografia dipende dalle tecnologie a disposizione.
«Lo specchio, dunque, non solo non è tale, ma addirittura mente». Niente di nuovo sotto il sole, se non che quando la magia della menzogna sembra oramai sovrastarci, dalla propaganda politica alle guerre, all’improvviso ci scopriamo travolti (Goldsmiths University) non più dal desiderio di fotografare ma – specchio delle nostre brame – finalmente trasformati in agenti investigativi h24, possiamo risalire all’identità di chiunque, ricostruire la mappa di azioni, desideri, intenzioni: dal vicino di casa agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (eccolo autoreplicarsi su tutti i social: del resto, il selfie imbronciato esclude le caviglie), al gatto che, serafico, si piazza sul tavolo quando esci dalla stanza.