Europa

Un assaggio di glifosato per l’Agenzia europea delle sostanze chimiche

Un assaggio di glifosato per l’Agenzia europea delle sostanze chimiche

Ecologia L'Echa di Helsinki oggi è chiamata a pronunciarsi sulla potenziale cancerogenicità del principio attivo dell'erbicida Roundup di Monsanto. Il parere è destinato ad influenzare la Commissione europea che entro la fine di quest'anno dovrà decidere se proprogare o meno l'autorizzazione al commercio per altri quindici anni. Le associazioni ambientaliste che hanno lanciato la petizione StopGlifosato hanno già raccolto 500 mila firme ed esprimono dubbi sull'imparzialità del comitato di scienziati che sta valutando la pericolosità del glifosato

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 15 marzo 2017

L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) non è mai stata sotto pressione come in queste ore che risulteranno decisive per la salute di milioni di cittadini. Oggi, nella sede centrale di Helsinki (Finlandia), verrà presa una decisione cruciale sul glifosato, il principio attivo del famigerato erbicida Roundup della multinazionale americana Monsanto (acquistata recentemente dalla tedesca Bayer con una operazione da 66 miliardi di dollari). Si tratta dell’erbicida più utilizzato in Europa e nel mondo: ogni anno ne finiscono nei campi 800 mila tonnellate. Dal 2001, scaduto il brevetto, viene prodotto anche da altri colossi dell’agrochimica come DowAgro, DuPont, Nufarm e Syngenta (giro d’affari stimato intorno a 8,8 miliardi di dollari all’anno).

In Europa è stato approvato nel 2002 e la Commissione europea entro novembre dovrà decidere se prorogare o meno l’autorizzazione al commercio per altri quindici anni. Nel frattempo, in quasi tutti i paesi europei, Italia compresa, l’uso del glifosato è stato pesantemente limitato e decine di prodotti fitosanitari sono stati ritirati dal mercato. Il motivo è grave: secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) il glifosato è “probabilmente” cancerogeno.

Anche solo l’ipotesi, di per sé agghiacciante, dovrebbe essere sufficiente per scongiurare il rinnovo dell’autorizzazione europea eppure Greenpeace è quasi convinta del contrario. “Mentre in sole cinque settimane quasi mezzo milione di cittadini dell’Unione europea ha firmato la petizione che chiede alla Commissione europea di vietare in Ue il glofosato – si legge in una nota – l’Echa potrebbe respingere l’avvertimento dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro”. La petizione, lanciata lo scorso 8 febbraio da una coalizione europea formata da decine e decine di associazione di 15 paesi (45 solo in Italia), chiede alla Commissione di vietare il glifosato, di riformare il processo di approvazione dei pesticidi e di fissare nuovi parametri vincolanti per ridurre l’uso di pesticidi sul suolo dell’Unione europea.

E se la partita fosse truccata? A pensare male si fa peccato, ma la coalizione europea contro il glifosato ha espresso il timore che il dossier non possa essere valutato serenamente: “Siamo preoccupati per il fatto che diversi membri del comitato di valutazione dei rischi dell’Echa, tra cui il presidente, sembrano avere dei conflitti di interesse” – scrivono venti associazioni tra cui Greenpeace, Testbiotech e Health and Environment Alliance. Puntano il dito in particolare contro due scienziati del gruppo di esperti chiamati a pronunciarsi sul glifosato poiché presentano trascorsi problematici: in passato sarebbero stati chiamati a difendere alcuni dossier industriali proprio davanti all’Echa. Quanto al presidente del comitato, Tim Bowmer, rilanciano le associazioni, “ha lavorato per due società come consulente per le industrie chimiche per più di venti anni e i suoi contratti si sono interrotti il 31 agosto 2012, alla vigilia del giorno in cui ha preso il suo posto di presidente del comitato di valutazione dei rischi”.

Secondo gli stessi criteri messi nero su bianco dall’Echa, questi esperti non potrebbero essere chiamati a lavorare per l’agenzia. Nella sede di Helsinki però la pensano diversamente. Con una dichiarazione rilasciata al quotidiano francese Le Monde, l’Echa ha replicato alle accuse sostenendo che la posizione dei due scienziati “non costituisce una causa di preoccupazione in termini di conflitto di interessi in relazione con il glifosato”. E ancora: “Questi due membri del comitato di valutazione dei rischi lavorano per alcune istituzioni nazionali rispettate che offrono servizi di consulenza alle industrie, una pratica normale”. In ogni caso, precisa l’Echa, gli esperti in conflitto di interesse con il soggetto da valutare si dimettono sempre e vengono rimpiazzati.

Le associazioni avanzano anche una critica di metodo accusando l’Echa di aver studiato il dossier basandosi su studi non pubblicati e quindi non accessibili forniti dalle aziende produttrici. “Il glifosato e la sua cancerogenicità – spiega Franziska Achterberg, responsabile alimentazione di Greenpeace Europa – è una questione di fondamentale importanza per milioni di europei e gli scienziati incaricati dall’Echa devono essere totalmente indipendenti, al di sopra di ogni sospetto di conflitto d’interessi con l’industria. Bisogna mettere fine all’utilizzo di studi non pubblicati che provengono dalle industrie, affinché le decisioni delle agenzie europee possano essere sottoposte a verifiche indipendenti”. Mariagrazia Mammuccini, portavoce della coalizione StopGlifosato, si augura che la Commissione Ue ascolti la voce del mezzo milione di persone che in quaranta giorni hanno firmato la petizione, “non lasciamo che sia l’Echa a decidere della salute di agricoltori e cittadini”.

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