Cultura

Un archivio dedicato a Nicola Massimo De Feo, tra esegesi e rivoluzione

Un archivio dedicato a Nicola Massimo De Feo, tra esegesi e rivoluzione

A vent'anni dalla morte Mercoledì 28 dalle 9,30, all’Università di Bari, un incontro sulla sua eredità

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 24 settembre 2022

Nicola Massimo De Feo è stato un rivoluzionario nella filosofia italiana del Secondo Dopoguerra. Appartato, e intensissimo pensatore, docente di filosofia morale all’Università di Bari, attrasse subito l’attenzione per la sua fine esegesi dell’esistenzialismo filosofico, la fenomenologia e il marxismo. Scrisse volumi di spessore teorico e storico su Kierkegaard, Weber, Nietzsche, Lukács o Marx.

SCOMPARSO VENT’ANNI FA, nel 2002, ha lasciato ai suoi studenti, e ai suoi interpreti, due libri-chiave che aprono la porta di un mito sempre verde, quello del «capitalismo assoluto», così restituito al suo più veritiero funzionamento dialettico e politico.
Era il 1992. Pubblicò Riformismo, Razionalizzazione, Autonomia operaia e il magmatico, urticante e anticipatore L’autonomia del negativo tra rivoluzione politica e rivoluzione sociale, entrambi per Lacaita, un editore di Manduria. A pochi mesi dalla fine del comunismo autoritario dell’Unione Sovietica, un regime che ha combattuto dal punto di vista di un comunismo anarchico e autonomo, realizzò un’impresa indicibile in un paese, e in un’università, già prigionieri della contro-rivoluzione neoliberale che oggi piega le menti e i corpi in una miseria politica scandalosa.

DE FEO HA RISCOPERTO il concetto ridotto a un simulacro: «rivoluzione». Nel momento in cui sembrava impossibile concepirla, la sua analisi storica e genealogica ha prefigurato un’altra vita non conciliabile rispetto a quella attuale. Nelle lezioni e nei seminari entrò in sintonia con la domanda di radicalità politica delle nuove generazioni che si opponevano alle retoriche del «riflusso» o alla caricatura degli anni Settanta come «anni di piombo». Si era chiusa da poco l’esperienza del movimento studentesco della Pantera e si era aperta la nuova stagione dei centri sociali. Per chi li lesse allora, quei libri furono una bomba. Così è ancora oggi.

TRENT’ANNI DOPO la sua teoria della «rivoluzione sociale» risuona nel momento più cupo della policrisi capitalistica. Ed è così che un’altra generazione di studenti e interpreti ha cominciato a studiarlo, non solo in Italia. Da questi nuovi incontri è nato l’Archivio De Feo che riunisce allievi, studenti e sodali: Rita Casale, Claudia Gadaleta, Arcangelo Licinio, Ottavio Marzocca, Roberto Nigro, Sabrina Papagni, Andrea Russo e Marco Spagnuolo.
Mercoledì 28 settembre dalle 9,30, nella sala Alessandro Leogrande del palazzo delle ex poste dell’università di Bari, l’Archivio ha organizzato un convegno che rilancia l’eredità di De Feo. Un primo simposio si è tenuto a Bari nel 2005 e gli atti sono stati pubblicati nel volume collettaneo La solitudine non è una festa (a cura di O. Marzocca, Mimesis).

L’INCONTRO BARESE di quest’anno è stato anticipato dalla riedizione di uno dei primi libri fondamentali di De Feo, curato da Ottavio Marzocca e Andrea Russo. Si tratta di Analitica e dialettica in Nietzsche (Efesto, pp.147, euro 18; il volume sarà presentato alla libreria Zaum in via Cardassi 93 a Bari martedì 27 settembre alle 18,30. Nel 1964 il libro ha dimostrato come il giovane De Feo si era già collocato nelle prime file della «Nietzsche Renaissance». La sua importanza è paragonabile al Nietzsche e la filosofia (1962) di Gilles Deleuze.

IN ITALIA, IL FILOSOFO è stato tra i primi a leggere in tedesco il Nietzsche di Heidegger pubblicato nel 1960. Invece di evidenziare gli aspetti paralizzanti del «nichilismo», considerato come il «destino» della metafisica, De Feo ha evidenziato il significato della «gaia scienza» intesa come prospettivismo e pensiero della liberazione.
Un’idea che avrebbe saldato con la critica del capitalismo di Marx. Un libro rivelatore che scarta dalle premesse filosofiche dominanti e supera la neutralizzazione operata dalle ontologie della politica, dal «pensiero debole», e da un certo «pensiero del negativo», funzionali al mantenimento dell’attuale rivoluzione passiva neoliberale.

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