Visioni

Un «Amaro Ammore» di serenate postmoderne

Un «Amaro Ammore» di serenate postmoderneCanio Loguercio

Musica Il nuovo lavoro di Canio Loguercio, realizzato con Rocco De Rosa

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 5 ottobre 2013

Nello scenario omologato e posticcio delle sette note, finalmente riecheggiano le serenate postmoderne, le originali litanie prosaiche, le piste sonore dell’io elettronico sgarrupato che fa subito Croce del Lagno, Materdei e Stazzione ‘e Garibaldi. Luoghi d’area partenopea che sono ferite interiori insanabili, difficili da attraversare e da vivere, fotografie di tempi disperati («Passano ‘e juorne ma nun passa sta cundanna / ‘e stà luntane pure si stamme vicine/Io tiro a te e tu tiri a me sta funa ‘nganna/ e sanno ‘e zuccaro sti senghe clandestine: è proprio chiummo ncoppa ’ò core stu destine!») .
Così intona il crooner scuro e fantomatico, Canio Loguercio, architetto per professione, performer e musicista per passione , col suo ultimo lavoro Amaro Ammore, libretto più cd, oggetto curato ed elegante, per l’edizioni d’if (euro 22), un lavoro realizzato a doppia firma e in perfetta sintonia,voce salmodiante e lingua strumentale, insieme con l’amico e sodale di sempre, Rocco De Rosa, pianista, autore di colonne sonore e brani di successo.
Il libro – rosso scuro intenso – di 105 pagine contiene 50 minuti di notevole musica, i testi delle canzoni (in un bellissimo napoletano stralunato e difficile, un po’ inventato e un po’ attuale, a mezzo tra l’oralità quotidiana e l’ironia infinita) e tre saggi (il guru etere-diretto Pinotto Fava, l’esperta editoriale Nietta Caridei, il poeta Gabriele Frasca) che evocano le imprese musicali di questa emozionante fronna mediterranea, tra turbamenti e affatturazioni. ( «Io songo ‘o masto d’’o Tragico Ammore all’olimpiade r’o dulore»).
Una ventina d’anni orsono un gruppo di giovani strumentisti di belle speranze s’inventarono uno studio di registrazione a Campomaggiore, in Basilicata (la terra di Mango & Scotellaro, Fiat Melfi e Aglianico Vulture). Alcuni di loro provenivano dai Little Italy, una band nata sulla scia suggestiva di Talking Heads , vesuwave e technorock dilatato. Canio e Rocco erano tra quelli; un altro ancora Pasquale Trivigno, fiatista che aveva subito dopo rinfoderato gli strumenti ed era passato dietro il banco mixer a fare l’ingegnere del suono e il produttore dei dischi dei due vecchi amici. É una storia che si è intersecata per tanti anni col manifesto cd (l’etichetta discografica vissuta dal 1995 al 2010), il braccio musicale di questo quotidiano, attraverso concerti, dischi, manifestazioni, discussioni, sottoscrizioni – ma anche la sperimentazione sonora (l’amata palestra radiofonica di Audiobox) , la carriera artistica (Trasmigrazioni, una folgorante intuizione del trio Canio-Rocco-Pasquale, con Daniele Sepe e Paolo Fresu , è del 1996, Indifferentemente di Canio del 2003 ma Kufia- Canto per la Palestina è un 45 giri del 1989 con doppio Rocco – l’altro è Petruzzi – e Canio).
Da qualche anno Pasquale se n’è volato via («auciello vola e se ne va e nun se ferma mai», canta mirabilmente Maria Pia De Vito, uno degli ospiti del disco come Alessandro d’Alessandro all’organetto, magico sfrennesiamento) e la coppia di amici ha voluto dedicargli questo disco (frutto di un lungo lavoro di ideazione, elaborazione, test live e riscrittura) e un brano Cumpà, uno dei dieci dell’album, accompagnato anche dal video iperrealista di Antonello Matarazzo, che mette in scena un coloratissimo pranzo rituale con frittata e melograno, registrato in parte nella casa romana di Rocco, il teatro della Sagra del Cavatello, appuntamento di fine maggio per insegnare alle amiche – giovani e non – come si usa il ferretto per fare la pasta, momento di ritrovo di tutta la comunità artistica della diaspora lucana nella capitale.
I brani scorrono tra campionamenti digitali e insinuanti percussioni elettroniche (con una conclusione molto strutturata, la messa in musica di un testo di Gabriele Frasca), in un creativo squadernamento della forma canzone dove c’è un grande amore (e un grande rispetto) per la canzone napoletana classica, inglobata nel dna di Loguercio e De Rosa (tra citazioni chiare, riferimenti appena abbozzati e fraseggi addolciti) ma anche un orecchio verso la sperimentazione artistica, la proposta trasversale, il tappetino delle preghiere,con tutto il corredo di litanie, invocazioni, suggestioni dell’amore infelice, ora più tragico ora più ironico, che fa rifulgere il neonapoletano («Passione che schiatta e tunsille e nun respire/ m’è cucinata purpetielli anima ‘ e core»). Naturalmente parole e suoni, ritmi e accordi hanno caratteri innovativi rispetto al genere «canzone», creando un’atmosfera da comunità laica, le cerimonie officiate da questo digitale folksinger a filill’e voce, i brani evocati e sussurrati sulla coda struggente di un pianoforte ininterrotto. Presentazione ufficiale del cd il 15 novembre all’Apollo 11/Galilei di Roma con numerosi ospiti. Per gli aficionados anteprima il 10 ottobre, al Teatro Quarticciolo, Canio solo con la chitarra e gli aggeggi elettronici accompagnato da Alessandro D’Alessandro all’organetto.

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