Umberto Terracini, un antifascista che non temeva la solitudine
SCAFFALE / 2 A proposito del volume di Claudio Rabaglino per Donzelli
SCAFFALE / 2 A proposito del volume di Claudio Rabaglino per Donzelli
La biografia critica che Claudio Rabaglino ha scritto su Umberto Terracini. Un comunista solitario (Donzelli, pp. 254, euro 28) aggiunge un altro tassello a quell’ideale enciclopedia di esponenti che hanno fatto la storia della sinistra e del movimento operaio.
UNA VICENDA che via via diventa sempre più urgente conoscere e sviscerare in tutti gli anfratti non solo per imparare da dove si viene ma soprattutto per dividere drasticamente il grano dal loglio, per saper guardare al passato con spirito critico, senza riverenze. Ciò che colpisce, in queste «biografie di uomini illustri» della sinistra, in questo caso della sinistra comunista, la loro capacità di far convivere nella stessa persona uno smisurato eroismo con una grande «sprovvedutezza», la purezza morale e intransigenza ideale con infantili compromessi e ingannevoli censure (e autocensure).
IL COMUNISTA Terracini non fa eccezione a questa regola. E merito del libro di Rabaglino è non aver «addolcito» tutte le contraddizioni pur, naturalmente, in un saggio che mette giustamente in risalto le profondità di un uomo coraggioso che non ha avuto paura della solitudine, cercando in tutti i modi di non allontanarsi da una «casa-partito» che sentiva importante come l’aria. Terracini ha passato 17 anni in carcere (e confino) con l’accusa di antifascismo; risponde così all’espulsione dal partito nel 1942: «Io non sono disposto a modificare neppure di una virgola le mie posizioni, voi potete prendere tutti i provvedimenti che volete, ciò mi lascia del tutto indifferente». Anche se, poi, si troverà a dire: «Credevo di aver conosciuto i peggiori affanni e le maggiori amarezze per opera dei nostri nemici. Sbagliavo. I compagni dovevano ferirmi più a fondo e ad essi devo i giorni più angosciosi della mia vita».
PRESIDENTE dell’Assemblea Costituente e suo finale promulgatore, non aveva cessato mai di emanare un fascino, raccontato così bene da Rossana Rossanda: «Voce secca, mitragliante senza mutamenti di tono, una passione fredda che ammutolisce e incanta». E da Marco Pannella: «Uno dei massimi rappresentanti della speranza democratica e comunista di questo secolo». Terracini è anche autore di uno dei discorsi più alti dell’antifascismo durante il processo del tribunale speciale: «Non vi sarà alcuno, domani, che leggendo l’elenco delle pene non si convinca che questo processo e il verdetto che sta per conchiuderlo non siano essi stessi un episodio di guerra civile. Ma ciò non può dirsi, nevvero?».
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