Disco music? Mah, se uno vuole può anche ricorrere a questa (gloriosa) definizione. Quel che è certo è che stavolta Filippo Paolini, alias Økapi, mette in primo piano il battito. Regolare, scandito. Il battito è l’ossatura dei sei brani che formano l’album Sordo. È anche una chiave di conoscenza e di sperimentazione: vediamo cosa succede a intrecciare suoni semplici all’ombra di battiti semplici. Dentro ci sono intersecazioni di cellule sonore. Segnate dalla grazia, dalla leggerezza, dal gusto dell’uso, dal gioco, dalla disponibilità ai piaceri. In ogni brano spunta un motivo, anzi un leitmotiv. Languido, soave, malinconico. Questo tratto delle sei composizioni, la malinconia, all’ascolto lieve, perfetta per il consumo e per lo scambio affettuoso, è quello a cui probabilmente allude l’autore quando dice che il suo «viaggio acustico» nasce da una «mental darkness» e dal silenzio. Modelli storici, certamente non letterali ma che è interessante evocare, potrebbero essere i compositori più «popular» della Lovely Music, label che è stata vista a suo tempo (fine ’70 e ’80) come corrente, addirittura come scuola. Le cose più danzanti di un Peter Gordon o le divagazioni cordiali di un “Blue” Gene Tyranny, per esempio. Økapi ha «rubato» qua e là come fa di solito? Probabile. Ma forse meno del solito.