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Ultimo spettacolo all’Alcazar, un luogo di novità e cinefilia

Ultimo spettacolo all’Alcazar, un luogo di novità e cinefilia

Cinema Chiusa la storica sala romana ideata da Georgette Ranucci

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 4 febbraio 2016

Il cinema America – chiuso, occupato e sgomberato – il Pasquino, i monosala Roma e Troisi. E adesso l’Alcazar, che ha serrato i battenti il 31 gennaio scorso offrendo un brindisi di addio agli avventori dell’ «ultimo spettacolo»: La grande scommessa di Adam McKay. A Trastevere, così, resistono solo L’Intrastevere (che però ha tre sale) e il Nuovo Sacher di Nanni Moretti.
«Per molti anni, fino all’avvento di altre sale e soprattutto dei multiplex, l’Alcazar è stato un punto di riferimento e di innovazione», dice la fondatrice Georgette Ranucci, vicepresidente della Fice (Federazione italiana del cinema d’Essai), capo ufficio stampa della Lucky Red e artefice anche di ciò che chiama «un’esperienza fallimentare ma comunque storica: quella della Libreria dello Spettacolo – il Leuto, specializzata in cinema e teatro che è stata anch’essa punto di riferimento per registi, attori, sceneggiatori».

L’Alcazar inizia le sue proiezioni nel 1989: «è stato il primo cinema in Italia a fare delle cose che poi hanno seguito tutti: togliere l’intervallo tra il primo e secondo tempo – che all’epoca era una cosa davvero sorprendente, quasi irrealizzabile – avere la biglietteria automatica con la prenotazione e fare tutte le settimane, il lunedì, il film in cartellone in versione originale».
La programmazione, continua Ranucci, ha sempre mirato alla qualità: «la sala faceva parte del consorzio Europa Cinemas, della Fice, di tutto quello cioè che garantisce un impegno culturale del cinema».
Oltre alla programmazione regolare, anche «proposte forti», come la proiezione negli ultimi anni di «tutti i classici restaurati dalla Cineteca di Bologna o da quella di Roma».

È del 2014, ad esempio, la serata speciale dedicata a Una giornata particolare in versione restaurata e presentata dallo stesso Ettore Scola. Oppure, nella primavera del 2010, in quella sala era possibile rivedere, in lingua originale, film come Il cielo può attendere di Lubitsch o L’assassinio di un allibratore cinese di Cassavetes, nell’ambito di un percorso cinematografico dal titolo «Non si può vivere senza…»
All’Alcazar inoltre, racconta Ranucci, «sono state fatte tutte le rassegne di Cannes a Roma, un evento che ho messo in piedi io e che da 20 anni porta i film di Cannes nella capitale e anche a Milano. Una rassegna molto amata dal pubblico cinephile e non solo, perché dà la possibilità di vedere i film del Festival in versione originale a pochi giorni dalla chiusura della kermesse».

Negli ultimi anni a Roma hanno chiuso oltre 40 sale, complici vari fattori tra cui gli affitti alle stelle. Nel caso dell’Alcazar pesa anche il fatto che la monosala è molto impegnativa da un punto di vista gestionale: « Perché ha un solo schermo, ma esattamente gli stessi costi degli altri cinema – affitto, luce, personale – e purtroppo non può differenziare la programmazione. E bisogna accontentare anche le distribuzioni, che vogliono sempre che il film ’tenga’ il più a lungo possibile. Quando una monosala fa un errore è morta: non può spostare il film ’sbagliato’ in una sala più piccola e prenderne uno nuovo».

Con l’avvento dei multiplex, poi, il danno è aumentato esponenzialmente, dato che « un esercente indipendente con una sala ha pochissimo potere contrattuale rispetto a chi ne ha 20 o 50, anche nei confronti anche della distribuzione e dell’accesso ai film».
È vero anche che il pubblico di un «certo tipo di cinema» è diminuito, ma in Italia, rispetto ad altre realtà europee dove la monosala tiene, tutto è molto più difficile: «Qui si comincia a porsi delle domande solo dopo il danno, l’inondazione, il crollo, il terremoto. Adesso c’è una nuova legge del cinema che entrerà in vigore verso la fine del 2017, che prevede un contributo alle sale storiche, alle monosale e alla ristrutturazione di questi luoghi. Spero solo che questo serva a chi verrà dopo di me ad avere una tutela e una garanzia diversa».

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