L’Uisp affonda le sue radici nella Resistenza. Fu un gruppo di giovani partigiani del Cln, subito dopo la Liberazione ad autoconvocarsi al cinema Esperia di Roma per dare vita a un’organizzazione che desse un significato diverso allo sport.
Quell’iniziativa, partita dal basso, costrinse i dirigenti dei partiti della sinistra a prendere atto che la questione ricreativa aveva un significato «popolare» nel senso letterale del termine: il popolo aveva anche il diritto di giocare, di divertirsi.
La questione, dunque, divenne politica, e quei giovani del Cln ebbero il grande merito di dire a chiare lettere ai dirigenti della sinistra che il corpo e il tempo libero non potevano essere relegati dentro una cultura del dopolavoro, che lo sport non veniva dopo l’economia.

L’assemblea degli autoconvocati pose le basi per un’organizzazione nazionale che prenderà il nome di Unione italiana sport popolare (Uisp), la quale svolse il suo primo congresso a Bologna nel 1948, subito dopo le elezioni perse dal Fronte Popolare costituito principalmente dal Pci e dal Psi, oltre che da altre organizzazioni politiche minori come il partito d’Azione. Il clima in cui si caratterizzò la sua azione fu di forte contrapposizione ideologica a causa della Guerra Fredda. In quegli anni l’organizzazione divenne inevitabilmente cinghia di trasmissione dei partiti di sinistra, in particolare del Pci, avendo tra l’altro l’Uisp un forte radicamento soprattutto nelle regioni rosse come l’Emilia Romagna e la Toscana.

Le discipline sportive nelle quali si profuse furono l’atletica e il ciclismo, allora sport considerati molto popolari, mentre il calcio del Dopoguerra stentava ad affermarsi come sport predominante. Trofei e meeting furono dedicati ai partigiani, agli anniversari e alle ricorrenze politiche, ma forse il merito maggiore dell’ Uisp di quegli anni, in particolare i ‘50 del secolo scorso, tra i più oscurantisti del ‘900 se si eccettua il ventennio fascista, fu di aver dato spazio alle donne sia nel ciclismo sia nell’atletica, ragazze che in entrambe le discipline sportive gareggiavano in pantaloncini, uno scandalo per i benpensanti di quei tempi, un contributo notevole per l’emancipazione femminile e la conquista dei diritti attraverso lo sport.
Un altro merito che l’ Uisp ha avuto negli anni ‘70 è stato di aver condotto battaglie per lo sport popolare, l’apertura degli impianti sportivi a prezzi «politici», unitamente all’elaborazione di documenti teorici sullo sport che furono oggetto di dibattito nel mondo sportivo della sinistra, come pure la traduzione in italiano di Sport e repressione scritto da un gruppo di filosofi e sociologi francesi.

Rischiamo di cadere in una logica puramente celebrativa, dato che quest’anno cadono i 75 anni della sua fondazione, se non ci sforzassimo di collocare l’ Uisp nel contesto attuale, visto che l’organizzazione sportiva che fu della sinistra storica, non solo ha tagliato il cordone ombelicale con la casa madre, andando progressivamente verso un’autonomia organizzativa e politica, ma anche la denominazione «sport popolare» in «sport per tutti» per meglio rispondere alle esigenze sportive di massa e alle sfide politico-ambientali di questo periodo storico in Italia e in Europa, caratterizzato dalla guerra e dalle catastrofi ambientali.

Tiziano Pesce presidente dell’ Uisp, delinea il ruolo della sua organizzazione oggi e le sfide che l’attendono per il futuro: «L’Uisp fonda i suoi principi sulla Costituzione, i nostri capisaldi sono l’antifascismo e l’antirazzismo che non solo abbiamo scritto nel nostro statuto, ma ribadiamo in ogni manifestazione sportiva.
Da oltre venti anni organizziamo i Mondiali Antirazzisti di calcio a Bosco Albergati in Emilia-Romagna, altre edizioni locali si svolgono in varie città da nord a sud. Combattiamo contro le disuguaglianze che hanno un riflesso anche nello sport. Il nostro impegno negli istituti di pena è noto con «Vivicittà» e altre attività, come pure siamo impegnati nella promozione dello sport tra i disabili.

Ci battiamo perché si arrivi al riconoscimento del valore sociale dello sport. La crisi economica ha colpito il 50% dei praticanti, circa il 15% delle società sportive ha chiuso. Se prima i nuclei familiari di quattro persone praticavano sport, oggi con l’aggravarsi della crisi economica i genitori si limitano a svolgere un’attività motoria autonoma al parco, pagano solo la quota per i figli. In Italia il 75% delle spese per l’attività sportiva grava sul bilancio familiare.

Sul fronte europeo facciamo parte del network Isca, siamo impegnati in progetti di partenariato per il diritto allo sport a favore di cittadini che vivono con maggiore disagio questo periodo storico, sotto questo aspetto ci auguriamo che vi sia una maggiore collaborazione con le Regioni riguardo all’utilizzo dei Fondi sociali europei. Insieme ad altre organizzazioni europee presentiamo progetti finanziati dall’Ue, anche se le risorse sono sempre meno» conclude il presidente dell’Uisp Tiziano Pesce.

La salvaguardia dei diritti dei lavoratori che operano nel campo dello sport, come gli allenatori delle tante squadre impegnate a vari livelli nei campionati minori, oppure gli istruttori nelle palestre, è un terreno che vede l’Uisp impegnata in prima fila affinché si esca definitivamente fuori dall’ambiguità che a lungo ha caratterizzato il sistema sportivo italiano gestito dal Coni, un sistema che vorrebbe queste figure relegate tra volontariato e rimborso spese, escludendole dai diritti assistenziali e pensionistici, sanciti negli altri Paesi europei, come la Francia, all’avanguardia in Europa. Il diritto allo sport per tutti implica inevitabilmente la lotta contro le disuguaglianze sociali e le discriminazioni di genere, un terreno difficile sul quale l’ Uisp si cimenta ogni giorno, pronta allo scatto sui blocchi di partenza, nonostante i suoi 75 anni di età.