Sarà per il tipo di cielo, spesso nascosto dalle nuvole, ma pare che a Berlino si faccia attenzione a ciò che proviene dall’alto. Una superficie interrotta da un oggetto volante non identificato può essere un’attesa emozionante; e in queste settimane in città – in una città che nella memoria di tutti è legata alla visitazione dell’angelo (Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders è un film del 1987) – ci sono almeno tre occasioni per pensarci.
Se ne parla in una mostra al Kulturforum, organizzata da Moritz Wullen, direttore della Kunstbibliothek: Ufo 1665. Die Luftschlacht von Stralsund (La battaglia aerea di Stralsund, visitabile fino al 27 agosto), che è una piccola città portuale protetta dall’isola di Rügen, le cui bianche scogliere a strapiombo sul Mar Baltico sono diventate il simbolo della visione romantica della natura sublime per merito di Caspar David Friedrich.

UNA CINQUANTINA d’anni prima, le cronache raccontano, s’ebbe l’apparizione misteriosa di una battaglia navale aerea, visibile proprio tra le nuvole in cielo. Messaggio divino? Inspiegabile fenomeno naturale di rifrazione ottica? Buco nella continuità del tempo/spazio? Macchina segreta mirabolante?
La mostra cerca, a partire da questo evento, che incuriosì e turbò cronisti, filosofi, poeti e teologi dell’epoca fino a diventare (oggi diremmo) un caso mediatico straordinario, di mettere insieme le figure del volo sconosciuto e inspiegabile così com’è stato narrato in una selezione ampia e significativa di libri d’epoca seicentesca.
Il catalogo tedesco/inglese (Wienand Verlag, Köln, pp. 112, euro 22) racconta e documenta, per parole e immagini naturalmente, una serie bizzarra di apparizioni di croci, di dischi misteriosi, di palle di fuoco, di gocce di sangue, di forzieri volanti, di navicelle e attrezzi che, in un modo o nell’altro, annunciano e manifestano il dono del volo. Pare una fantasia storico-esotica ma in realtà è più probabile che sia una sorta di incrocio, cosa non rara a fine Seicento, tra necessità di meraviglia scientifica e sorpresa mistica o misteriosa.

IL NOSTRO ATTUALE immaginario, pur con modalità e forme diverse suggerite dalle tecnologie, non si differenzia poi tanto: è ciò che vuol fare intendere la mostra, mettendole a lato una divertente, piccola ma precisa rassegna di alcune modalità di contatto con Ufo (Unidentified Flying Object) e di racconto e spiegazione di questi contatti (che potremmo classificare «di primo tipo», cioè visione di oggetti senza che l’oggetto visto lasci tracce di sé). Tra questi filmati si documenta l’avvistamento da parte di jet militari di una piccola capsula di «forma simile a una famosa mentina» (dice lo speaker) con un movimento incompatibile con qualsiasi legge gravitazionale. Si vede la mentina scorrere sullo specchio appena increspato del mare e pare quasi un piccolo foro sulla superficie.

Foto di Jochen Lempert

PER CHI DA POCO è stato al C/O Berlin, un centro espositivo per arti figurative, soprattutto fotografia, attivo da circa venticinque anni, l’immagine di un oggetto non identificato che si sposta su una superficie si ripete in un tutt’altro contesto. Si tratta di una foto di Jochen Lempert, un biologo che incontrò negli anni ’90 la fotografia per «fare ricerca sul dialogo tra la natura e l’umano» e al quale il C/O ha dedicato la mostra Lingering sensations (Sensazioni persistenti, fino al 7 settembre).
La foto è una veduta dall’alto, come a volo d’uccello, e mostra una strada con alcune macchine parcheggiate: sembra avere un piccolo foro al centro, come uno strappo, ma avvicinandosi si capisce che quella screziatura è il dorso di un uccello che vola al centro della strada. Produce un effetto molto simile alla «mentina» di cui s’è parlato prima, insomma. Anche questo volatile appartiene alla classe di Ufo? Quanto deve persistere l’assenza di identità perché un oggetto volante si mantenga non classificabile? In fondo, anche il volo a sorpresa di un uccello urbanizzato può interagire con la normale sensazione di visione estraniante.
Al N.b.k. (Der Neue Berliner Kunstverein – Nuova associazione d’arte di Berlino) l’artista americano-berlinese Trevor Paglen propone il tema Hide the Real, Show the False (Nascondi il reale, mostra il falso, aperta fino al 6 agosto). Un lavoro multi-materico e mediale che cerca di rendere evidenti diverse forme di disinformazione messe in atto dalle autorità politiche e militari, di cui fa parte anche il progetto di ricerca sugli Ufo.

L’ESISTENZA, la supposta esistenza, l’inoculazione di una falsa credenza sull’esistenza di traffici aerei che provengono dallo spazio e che in quella fascia di cielo visibile si mostrano incidentalmente, faceva parte (e forse fa ancora parte, come sostiene in un ipnotico video un ex ufficiale del controspionaggio americano) di una complessiva strategia di comunicazione orientata alla coercizione psicologica e all’orientamento delle opinioni.
Ci sono anche le immagini che potrebbe avere un occhio telescopico che si spinge in profondità nella galassia e vede segni di voli alieni, con una chiarezza sospetta a dire il vero. Ma cosa serve paventare pericoli sconosciuti che provengono dallo spazio? A giustificare spese militari di folle entità? A tenere pretestuosamente sospesa l’immaginazione delle persone? Domande a risposta aperta.
Le tre occasioni berlinesi, intanto, palesano tanto il valore simbolico quanto l’aspetto ideologico di questa attesa, tutta terrestre, di qualcosa di mirabolante e inspiegabile che provenga dal cielo: che sia volontà divina, potere magico o tecnologia umana a produrla, la visione di un oggetto inaspettato pare sollevarci dalla solitudine cosmica.