«Ue, manterremo gli impegni»
Governo La Bce attacca, ma il presidente devia il colpo: «Un bollettino scritto dieci giorni fa». La Commissione: bene, ma i conti restino in linea. Da Vespa va in onda il Renzi Pride: «L’Europa ha più bisogno dell’Italia di quanto l’Italia ha bisogno dell’Europa. Me l’ha detto Merkel». Ma a Draghi e a Rehn: «A nome dell’esecutivo rispetteremo i patti»
Governo La Bce attacca, ma il presidente devia il colpo: «Un bollettino scritto dieci giorni fa». La Commissione: bene, ma i conti restino in linea. Da Vespa va in onda il Renzi Pride: «L’Europa ha più bisogno dell’Italia di quanto l’Italia ha bisogno dell’Europa. Me l’ha detto Merkel». Ma a Draghi e a Rehn: «A nome dell’esecutivo rispetteremo i patti»
È un risveglio in agrodolce quello del giorno dopo del Renzi Show titolato «la buona svolta» e andato in onda mercoledì a Palazzo Chigi. La colpa dell’agro è della Banca centrale europea che dalle righe del bollettino mensile manda un avviso al presidente del Consiglio che fa qualche dichiarazione leggermente fuori dalla retorica rigorista. «Finora l’Italia non ha fatto tangibili progressi rispetto alla raccomandazione della Commissione Ue», tuona la Bce, e cioè di far scendere il deficit, rimasto al 3 per cento nel 2013 contro il 2,6 raccomandato dall’Europa. Ora Roma faccia «i passi necessari» per rientrare nel deficit e assicuri che il debito sia messo «in traiettoria discendente».
Non è un buon biglietto da visita per il presidente del consiglio alla vigilia del suo primo vero tour europeo, e dell’incontro con Angela Merkel, lunedì prossimo. Ma in serata, a Porta a Porta, Renzi trova il modo di scansare il colpo, deviandolo al suo predecessore Enrico Letta: «Senza voler fare polemiche, lo statement è del due marzo, questo vuol dire che stiamo parlando di un documento scritto dieci giorni fa».
Effetto paradosso del Pd, oggi a difenderlo scatta la sinistra interna: «Il governo non si intimidisca di fronte alle valutazioni della Bce e alle ricorrenti e fallimentari raccomandazioni della Commissioni europea. Vada avanti lungo la strada indicata dal presidente del consiglio», dice Stefano Fassina, «deroghi per un triennio ai previsti obiettivi di finanza pubblica, comunque irraggiungibili, dati gli acclarati effetti recessivi dell’austerità e la connessa caduta dell’inflazione. Nel Def, preveda di allargare il deficit tendenziale dei 10 miliardi di euro all’anno necessari a ridurre l’Irpef sui redditi dei lavoratori e delle lavoratrici, come annunciato». Bollettini «a orologeria», secondo la segretaria della Cgil Susanna Camusso.
Ma certo in Europa il tema delle coperture della vasta e frastagliata operazione annunciata da Palazzo Chigi sembra più sentito.
La Commissione, e questa invece è la parte ’dolce’ del boccone, «apprezza» gli annuncia del governo, le riforme strutturali e istituzionali, il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e gli interventi sul mercato del lavoro. Ma il commissario Olli Rehn, che qualche giorno fa era stato molto più duro, stavolta si limita a ricordare «all’Italia la necessità di rispettare gli impegni assunti nell’ambito del Patto di stabilità e di crescita, soprattutto in considerazione del suo elevato debito pubblico». Bruxelles non accetterebbe nessuno sforamento.
Quindi ora toccherà all’Italia, o meglio al ministro Padoan, dimostrare che il rutilante pacchetto-Renzi di potrà fare senza sforare. Quanto invece alla Bce, il ministro dell’Economia avvierà presto un confronto con Mario Draghi. Il pareggio di bilancio, che in Italia si dovrebbe raggiungere anche per rispettare la Costituzione (dov’è stato inserito senza nessuna richiesta europea dal governo Monti e da Pd e allora Pdl) si doveva raggiungere già nel 2014, ma con l’ultima legge di stabilità il Governo l’ha spostato al 2015. A fine anno scatteranno gli effetti devastanti (per i conti) del fiscal compact. E se sono difficili da reperire i dieci miliardi per coprire le riforme di Renzi, figuriamoci i quasi cinquanta che finiscono nel buco nero del fiscal compact, «misure di risanamento» si chiamano nel linguaggio della commissione europea.
Questo però non è il compito, né il lavoro, di Renzi. Il lavoro di Renzi è invece convincere gli italiani che la «svolta buona» non è una promessa da imbonitore e neanche un bluff. A sera, in tv, nel salotto di Bruno Vespa, pronuncia un orgoglioso «l’Europa ha più bisogno dell’Italia di quanto l’Italia ha bisogno dell’Europa. L’Europa è stato nostro baluardo, ma oggi ha bisogno dell’Italia», e questo «me lo ha detto anche la Merkel in modo molto chiaro». Segue refrain ’mettiamo i conti a posto per i nostri figli non per l’Europa’, «facciamo la nostra parte. Poi andiamo in Europa a dire che non siamo lì a farci dare i compiti», e «la vocazione dell’Europa, che non deve essere un insieme di tecnici senz’anima. In questo vogliamo essere i capofila».
Ma la mattina, davanti al presidente della Repubblica, in una paludatissima ’Conferenza internazionale sui valori dell’Europa’, pronuncia con grande asciuttezza le cose che contano, per le orecchie della Bce, della Commissione, di Merkel e di Olli Rehn: «A nome del governo italiano voglio dire che il governo italiano rispetta tutti gli impegni che ha con l’Europa». Fra tanti annunci, questo è quello più serio. Renzi farà anche una «svolta buona», ma in Europa non «cambia verso».
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