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Ue: l’Italia recuperi l’Ici non versata dalla Chiesa

Ue: l’Italia recuperi l’Ici non versata dalla ChiesaBruxelles

Bruxelles La decisione riguarda l'indebito aiuto di Stato goduto tra 2006 e il 2011. L'avvocato dei ricorrenti alla Corte europea: «Un ordine di recupero viene eseguito dopo pochi mesi. In questo caso sono già trascorsi oltre 4 anni dalla sentenza e solo per avere una nuova decisione. Ci auguriamo che l’iter sia a questo punto spedito»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 4 marzo 2023

La Commissione Ue ha ordinato all’Italia di recuperare gli aiuti di Stato illegali concessi agli enti non commerciali dal 2006 al 2011. Si tratta cioè di chiedere le somme non incassate grazie all’esenzione dall’Ici – l’imposta comunale sugli immobili (sostituita nel 2011 dall’Imu). A beneficiarne è stata soprattutto la Chiesa cattolica ma la norma ha riguardato anche altre confessioni religiose ed enti no profit. La Commissione ha ammesso le difficoltà per le autorità italiane nell’identificare i beneficiari dell’aiuto illegale ma «tali difficoltà non sono sufficienti per escludere la possibilità di ottenere almeno un recupero parziale dell’aiuto. Ad esempio, l’Italia potrebbe utilizzare i dati delle dichiarazioni presentate ai sensi della nuova imposta sugli immobili e integrarli con altri metodi, comprese le autodichiarazioni». La Commissione ha poi chiarito che il recupero non è richiesto quando gli aiuti sono concessi per attività non economiche o quando costituiscono aiuti de minimis (sostegni inferiori a 200mila euro per beneficiario su un periodo di tre anni).

Agosto 2005, il governo Berlusconi vara un decreto legge per esentare dall’Ici gli immobili di proprietà ecclesiastica in cui si svolge attività commerciale connessa al culto. Il parlamento però non lo converte così a dicembre 2005 viene approvata la legge 248: per l’applicazione dell’esenzione è sufficiente che l’attività esercitata non sia esclusivamente commerciale. Nel 2010 la Commissione Ue apre un’inchiesta e nel 2012 stabilisce che l’esenzione per gli enti non commerciali impegnati in attività sociali di natura economica (assistenza, servizi sociali, salute, educazione, attività religiose) tra il 2006 e il 2011 è incompatibile con le norme Ue sugli aiuti di Stato.

Ma non ordina all’Italia di recuperare le somme dovute perché le banche dati fiscali e catastali non avrebbero consentito l’identificazione dei beneficiari. Nel 2018 la Corte di giustizia ha parzialmente annullato la decisione della Commissione, che ieri ha rettificato quanto stabilito nel 2012. Arianna Podestà, portavoce della Commissione Ue, ieri ha spiegato: «Abbiamo chiarito che le entità che compiono attività non economiche, come quelle strettamente religiose, non dovrebbero essere colpite dall’ordine di recupero. Le situazioni vanno analizzate caso per caso sulla base del concetto di attività economica».

A quanto ammonta la cifra da recuperare non è chiaro, una stima sembra indicare circa 11 miliardi di euro. Nella relazione al disegno di legge 1585 del 2018 si legge: «Il governo Monti, nel 2012, ha abbandonato la vecchia Ici per l’Imu. Da quel momento in poi le esenzioni hanno riguardato solo quegli immobili della Chiesa dove non venivano svolte attività economiche. La legge, comunque, presenta molte scappatoie. Secondo stime dell’Anci, l’Ici non versata tra il 2006 e il 2011 si aggira intorno ai 5 miliardi di euro (circa 800 milioni l’anno)». Edoardo Gambaro, il legale che ha presentato il ricorso alla Corte di giustizia Ue: «Un ordine di recupero viene eseguito dopo pochi mesi. In questo caso sono già trascorsi oltre 4 anni dalla sentenza e solo per avere una nuova decisione di recupero. Ci auguriamo che l’iter sia a questo punto spedito».

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