«Serve il bastone e la carota». Sigrid Kaag, ministra olandese delle Finanze, ha trovato la sintesi di quello che sarà il nuovo «patto di stabilità e crescita» dell’Unione Europea. Quello vecchio, basato sulle regole «stupide» (disse Romano Prodi) e inapplicate del rapporto debito-Pil al 60% e del deficit annuale al di sotto del 3% del Pil è stato sospeso con il Covid nel 2020. Nella fumosità dei vertici europei la ministra olandese ha riattualizzato una vecchia idea che andava di moda quando comandava il tedesco Wolfgang Schäuble: bastonare i paesi cicala e farli correre inseguendo la carota.

Dopo mesi di consultazioni informali, una bozza di discussione della Commissione Von Der Leyen, ieri i ministri economici dei 27 membri dell’Ue hanno iniziato le trattative su quello nuovo in un Ecofin dedicato al tema. Entro aprile, ha sostenuto il vicepresidente Valdis Dombrovskis, la Commissione Ue presenterà una proposta legislativa.

La Commissione vorrebbe proporre piani di rientro nazionali da concordare singolarmente con i governi sullo stile del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Questa idea è contestata da paesi come l’Olanda e la Germania che ribadiscono la necessità di una legge falsamente generale che diriga «oggettivamente» le trattative, a garanzia delle costitutive asimmetrie tra i paesi dell’Ue. Vogliono evitare quello che è accaduto nell’ultimo decennio: la trattativa discrezionale con i governi, a seconda delle maggioranze al potere.

Il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner ha detto alla Frankfurter Allgemeine Zeitung che qualsiasi riforma del patto di stabilità «deve basarsi su regole fiscali che non sono fine a sé stesse». Berlino vuole «limitare il margine discrezionale. Il consolidamento fiscale non è qualcosa che può essere differito. Tuttavia, le regole devono anche essere realistiche, altrimenti offrono una scusa per non applicarle affatto. Per questo motivo, sono aperto ad aumentare la flessibilità della tempistica per la riduzione del debito, ma non la sua traiettoria di base. Sarebbe inoltre possibile ampliare il margine di bilancio per gli investimenti, a condizione che venga mantenuto il percorso di riduzione del debito delineato negli obiettivi di bilancio a medio termine».

Un discorso simile non troverebbe avversari ufficiali in Italia, ma nei fatti metterebbe di nuovo all’angolo i suoi governi. Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ieri ha chiesto di non contabilizzare nell’ambito del patto di stabilità praticamente tutti gli investimenti che uno Stato può fare. Un po’ sullo stile del Pnrr, appunto. In più il dibattito dovrebbe procedere insieme a quelli sul Green Deal e sul Quadro temporaneo di crisi e transizione che allenterà le regole Ue sugli aiuti di Stato.

La strada è lunga, i compromessi sono all’ordine del giorno. Dalla discussione dipende il modo in cui sarà aggiornato il vincolo esterno che condiziona un paese come l’Italia, indipendentemente dalle sue maggioranze.