Economia

Ue fuori dalla recessione. L’Italia no

Ue fuori dalla recessione. L’Italia no – Aleandro Biagianti

Eurostat I 27 paesi dell’Unione dopo 7 trimestri segnano un +0,3%, noi siamo a -0,2%. E in un anno il Pil perde ben il 2%. Big performance del Portogallo: +1,1%. E nel mondo vanno forte Usa e Giappone

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 15 agosto 2013

L’Europa esce dalla recessione, ma l’Italia no. Mentre sia l’area euro che i 27 dell’Unione segnano finalmente un trimestre positivo dopo ben 7 negativi, il nostro paese continua a stare sotto l’asticella dello zero. Tanto per cambiare.

Ecco comunque i dati più dettagliati, secondo le stime flash di Eurostat: come detto, dopo ben sette trimestri consecutivi in contrazione, tra maggio e giugno l’economia dell’area euro è cresciuta, dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti, e meglio dell’atteso +0,2%. Anche nei paesi dell’Unione a 27 il Pil cresce dello 0,3% trimestrale, mentre in Italia resta con il segno meno a -0,2%. Su base annuale il Pil della zona euro registra un -0,7%, mentre quello dei 27 vas meglio, con un -0,2%. Fanalino di coda, ancora una volta, l’Italia che segna un dato ben più pesante: -2%.

Dunque il nostro paese è ancora nel pantano della recessione (i trimestri consecutivi di arretramento sono già 8), mentre l’Europa – o meglio, perlomeno la Commissione Ue – vede la ripresa «a portata di mano». L’espressione è del commissario agli Affari economici, Olli Rehn: «La ripresa è a portata di mano», ha spiegato commentando a caldo i dati, ma poi ha invitato a stare cauti con i facili ottimismi: «Nonostante i dati positivi – ha aggiunto Rehn – bisogna rendersi conto che una ripresa è possibile ma solo se proseguiamo con tutti i nostri sforzi per superare la crisi. Le riforme devono continuare. Non è giorno per autocelebrative dichiarazioni sulla fine della crisi».

Nella Ue a 27 (assenti i dati di Grecia, Irlanda, Danimarca, Lussemburgo, Malta, Slovenia), solo sei paesi sono ancora in calo: -0,1% in Bulgaria, Spagna e Svezia, -0,2% in Italia e Olanda, -1,4% a Cipro. Il Portogallo, paese tra quelli dall’economia più a rischio, ha registrato invece la crescita maggiore (+1,1%), seguito da Germania, Repubblica Ceca e Finlandia (+0,7%), da Regno Unito e Lituania (+0,6%), e dalla Francia (+0,5%).
Ancora più positivi, e improntati su uno stadio di crescita ben più robusto, i numeri che vengono dai paesi traino dell’economia mondiale: nel corso del secondo trimestre 2013, dice sempre Eurostat, il Pil degli Stati Uniti è cresciuto dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, in cui si era già registrato un aumento dello 0,3%. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la crescita americana è stata di +1,4%, cifra in aumento rispetto a tre mesi prima (+1,3%). In crescita anche il Giappone: +0,6% (ma in frenata rispetto al trimestre precedente, quando il dato segnava un migliore +0,9%).

Ma qualche buona notizia per l’Italia (anche se soltanto sul fronte economico) però c’è: il famigerato spread infatti continua a scendere, e ieri ha raggiunto una quota che (per chi è interessato a questi numeri) segnerà un ferragosto sereno.

Il differenziale tra la rendita dei titoli italiani (btp) e quelli tedeschi (bund) – che indica in generale la fiducia dei mercati nel nostro paese – ieri è arrivato a toccare quota 237 punti, quindi sotto la soglia dei 240.
Sono cioè ben 210 punti di spread in meno rispetto allo scorso anno, quando questo indicatore letteralmente impazzì, e 40 in meno rispetto al 2011, quando sui mercati si abbattè la tempesta che portò l’Italia a un passo del default, la bancarotta.

Evidentemente. le riforme e le manovre «lacrime e sangue» degli ultimi governi, con l’effetto dell’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione Ue, ufficializzata qualche settimana fa, hanno colpito favorevolmente gli operatori finanziari. Che vedono un piano di rientro dal debito e un deficit mantenuto sotto il 3% (come si sa, è una categoria che non guarda alla qualità delle spese sociali o all’indice di benessere della popolazione).

E così gli investitori internazionali sono tornati a puntare sull’Italia, accettando un premio al rischio più basso. Infatti insieme allo spread è sceso anche anche il rendimento dei titoli di Stato italiani, che ormai viaggiano intorno al 4,2% contro il 5,8% dello scorso anno e il 5% del 2011. Il punto minimo, e che potrebbe essere preso a modello, non è lontano: si tratta del 3,7%, registrato nell’ottobre del 2010.

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