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Ue divisa, condanna a parole, ma per ora temporeggia

Ue divisa, condanna a parole, ma per ora temporeggiaPutin e Angela Merkel – Reuters

Ucraina Decisioni minime al Consiglio esteri a Bruxelles, ma giovedi' vertice straordinario dei capi di stato e di governo dei 28. Possibile mediazione dell'Osce. Gli europei sono divisi, tra chi punta sul negoziato (Germania e Francia) e chi vorrebbe una posizione più radicale (Polonia, Baltici). Prime conseguenze economiche della crisi

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 4 marzo 2014

L’Unione europea cerca una soluzione politica alla crisi ucraina, ma non va molto al di là di una condanna unanime dell’intervento di Mosca in Crimea. I ministri degli esteri dei 28 si sono riuniti ieri a Bruxelles, per trovare una risposta comune: hanno chiesto ai militari russi di tornare nelle caserme in Crimea, a Mosca di accettare la mediazione dell’Osce e minacciato altre sanzioni. Mentre erano riuniti è arrivata la notizia confusa di un ultimatum russo, che avrebbe dato tempo fino alle 4 di stamattina all’esercito ucraino per arrendersi in Crimea. La risposta della Ue resta vaga, perché non c’è ancora una posizione comune forte. Giovedi’ è stato un vertice straordinario sull’Ucraina dei capi di stato e di governo, anche se molti stati erano reticenti, per evitare ulteriori gesticolazioni nella confusione delle posizioni, con Germania e Francia che cercano di promuovere il dialogo mentre Polonia e i Baltici prendono posizioni più radicali. Domenica la Ue si era lasciata prendere la mano dalla Nato, che ha espresso una posizione molto più radicale. Nella notte si riunisce di nuovo il Consiglio di sicurezza dell’Onu, paralizzato dal diritto di vero russo.

Bruxelles ha deciso di ieri di sospendere le discussioni con Mosca sulla questione dei visti, una decisione chiaramente inadeguata alla situazione. La vigilia, i paesi occidentali del G8 avevano deciso di “sospendere” la partecipazione alle riunioni preparatorie del prossimo summit sotto presidenza russa, previsto a giugno a Sochi. Ma la Germania frena su questo punto, perché ritiene che la Russia, benché sia il problema, è anche “parte della soluzione” e che non si debbano tagliare i ponti con Putin. Ieri, è stata ventilata anche l’ipotesi di una mediazione (come era successo per la Georgia nel 2008, con Sarkozy nella veste di mediatore), che potrebbe essere affidata a Gerhard Schröder, l’ex cancelliere Spd che ha ottimi rapporti (anche economici) con Putin e Gazprom. I paesi del G7 si sono detti pronti a un “solido sostegno finanziario” all’Ucraina, in un comunicato diffuso dal Tesoro Usa e la Ue promette di appoggiare la missione dell’Fmi, che sarà oggi a Kiev per mettere a punto un piano di aiuti. Domenica, Angela Merkel, in una lunga telefonata con Vladimir Putin, pur avendo trovato il presidente russo “fuori dalla realtà”, ha ottenuto l’accettazione per “stabilire immediatamente una missione di inchiesta e di un gruppo di contatto, eventualmente sotto la direzione dell’Osce, per avviare un dialogo politico”. Secondo Merkel “non è troppo tardi” per trovare una soluzione politica, anche se l’ultimatum di ieri pomeriggio potrebbe far precipitare la situazione. Prima dell’ultimatum, il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert, aveva affermato che “non c’è un’opzione militare” allo studio. Anche la Francia continua a credere alla diplomazia e non pensa neppure di bloccare la consegna di una nave Mistral alla Russia, un contratto che era stato firmato ai tempi di Sarkozy. “Non siamo ancora a questo punto” con i “nostri amici russi”, ha precisato Fabius, “per il momento cerchiamo di stoppare il movimento russo in Ucraina e di ristabilire il dialogo”. Ieri, François Hollande ha telefonato al presidente polacco Bronislaw Komodorowski e ha sottolineato “l’importanza di una posizione comune europea e la necessità per la Russia di accettare una soluzione di uscita dalla crisi conforme al diritto internazionale”. Hollande ha insistito sul rispetto dell’unità territoriale dell’Ucraina, sul riconoscimento da parte del nuovo governo di Kiev delle differente etniche, linguistiche e culturali della popolazione del paese, sulla preservazione della pace e della sicurezza e su prossime elezioni presidenziali trasparenti. A Bruxelles è stata anche ventilata l’ipotesi dell’invio di una forza di interposizione europea, con l’accordo di Mosca, per difendere i russi dalle misure di ritorsione del nuovo governo di Kiev.

La preoccupazione cresce, mentre già ci sono le prime conseguenze economiche della crisi: in Europa, un aumento dei prezzi dei cereali (e un crollo della Borsa non solo in Russia ma, in misura minore, anche nelle principali piazze Ue), anche se Berlino fa sapere di essere ”ben preparata a eventuali problemi di approvvigionamento di gas e petrolio russo”, con le “riserve piene”. Per il ministro degli esteri tedesco, Frank Werner Steinmeier, la crisi in Ucraina è “la più grave” che conosce l’Europa “dalla caduta del muro di Berlino”. Anche per William Hague, ministro degli esteri britannico che ieri è stato a Kiev, siamo di fronte alla “più grave crisi europea del XXI secolo”. Hague sostiene che la Russia dovrà “pagare un prezzo per l’intervento in Ucraina”. Stessa espressione utilizzata dal ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski, che ha adottato un linguaggio da guerra fredda: “sappiamo che nei rapaci l’appetito vien mangiando. La posta in gioco per il mondo libero è opporsi alla logica” di Mosca. Linguaggio estremista anche in Repubblica ceca, dove l’ex ministro degli esteri, Karel Schwarzenberg, ha paragonato Putin a Hitler, con l’invasione dell’Austria giustificata per difendere i tedeschi, come ora c’è l’intervento in Crimea per difendere i russi.

 

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