Editoriale

Ucraina: oligarchi, Putin e Kiev. Chi vuole la guerra civile?

Ucraina: oligarchi, Putin e Kiev. Chi vuole la guerra civile?Un soldato scruta l'orizzonte in Ucraina – Reuters

Ucraina Nonostante la tregua formale la guerra civile ucraina non sembra avere fine. Perché? Chi la vuole?

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 9 settembre 2014

Nonostante la tregua formale la guerra civile ucraina non sembra avere fine. Perché? Chi la vuole?
Sull’ultimo numero di Foreign Affairs John J. Mearshmeier, l’impeccabile studioso di relazioni internazionali, dedica un’accurata analisi all’Ucraina: Why the Ukraine Crisis Is the West’s Fault. Il saggio dovrebbe essere generosamente inviato ai nostri media che, salvo eccezioni, da mesi stanno propinando non i fatti ma la solita ideologia antisovietica con il solito pizzico di anticomunismo. Mearshmeier ripercorre gli eventi che dal 1989 hanno segnato i rapporti tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Europa: sempre pessimi salvo gli anni di Yeltsin quando a Mosca erano di casa economisti americani per insegnare il capitalismo. Vero è che i robber baron ex sovietici misero presto in chiaro di non aver bisogno di maestri per l’economia mentre per la politica dopo una tumultuosa età di torbidi, si affermò Putin, «l’uomo più odiato del West».

In accordo con Kissinger, Mearshmeier lo definisce uno stratega di prima classe e spiega perchè Washington, Londra e Parigi si confrontano con lui dentro una visione da guerra fredda con vendette ancora da soddisfare. Le vendette le chiedono i paesi europei, grandi e piccoli che erano nell’orbita sovietica e che in America hanno influenti gruppi di pressione: americani di origine polacca, ucraina, baltica. Tutti dentro un passato che non c’è più e che follemente è stato riesumato con l’affaire Ucraina. Che è cominciato con il colpo di stato a Kiev, quando membri del partito/movimento “Settore Destra” hanno cacciato dal parlamento chi era stato appena legittimamente eletto. È allora esploso il conflitto tra chi vuole chiudere i rapporti con Mosca, che durano dal 1654 e chi non vuole.

Dietro agli uni e a agli altri vi sono spinte esterne e interne. C’è Putin che apparentemente ha in mano pedine vincenti. Vi sono l’America di Obama, la Germania della Merkel, la Francia di Hollande che non hanno azzeccato una mossa e anzi hanno destabilizzato ancor più le tensioni intestine. Che sono la realtà di cui preoccuparsi. Sono gli oligarchi a volere e finanziare la guerra civile. Lo scontro in corso è per il controllo del territorio e della sua economia e dura dal 2004 quando hanno tolto di mezzo Leonid Kucma, l’oligarca salito al rango di presidente dell’Ucraina indipendente. Kucma, nato contadino sovietico e diventato direttore di una sofisticata fabbrica di missili, è il vecchietto che appare come padre della patria, nella foto di Minsk sull’accordo per la tregua.

Accanto a lui vi è il rappresentante di una fazione filo russa mentre non sono presenti i militanti di «Settore Destro» che contestano l’accordo. Al momento il controllo sui combattenti «volontari» pro Nato o pro Russia dipende dall’intesa tra gli oligarchi della finanza e quelli dell’economia reale. Il nodo è lì. Il cioccolataio Poroshenko è debole ed è per questo che vuole l’accordo con Putin. Ma Putin è bravo a giocare con Obama e la Merkel, e forse molto meno con le milizie degli oligarchi che non intendono cedere pezzi di territorio appena conquistati.

Sui limiti della Russia di Putin, puntuale è l’analisi di Mearshmeier che valuta mediocre l’esercito e debole l’economia. I viaggi di Putin nelle ex repubbliche asiatiche, le relazioni con la Cina sarebbero non prove di espansionismo «imperial-sovietico» ma ricerca di alleati e di affari giacchè le porte dell’Europa sono chiuse. E anzi nemiche. Il fatto è che ancor più di Kiev, la Russia ha bisogno che quelle porte si aprano. È un paese capitalistico in affari con gli uomini dell’economia di tutta l’Europa, ha un governo stabile con un’opinione pubblica che l’appoggia, ha una politica estera orientata a risolvere le crisi in atto e non a fomentarle.

Lo testimoniano l’approccio sulla Siria e l’Iran. Certo non è un limpido stato di diritto kantiano ma oggi chi lo è? L’Egitto cui si perdona di tenere in galera il legittimo vincitore delle ultime elezioni? Oppure i paesi baltici dove vivono milioni di russi in perenne disgrazia, colpevoli per i loro padri che arrivarono «dall’Impero del male»? Perché è il passato che non si perdona alla Russia, è il 1917 bolscevico che torna come un incubo non appena un politico russo si azzarda ad alzare gli occhi, senza il capo coperto di cenere, senza chiedere perdono.

Per rimetterlo in riga molte sono state le iniziative decise dall’America, dall’Europa e dalla Nato. Solo che in questione non è «l’uomo più odiato del West» ma la legittimazione della Russia in Europa. Poiché allora potrebbe aversi un accordo duraturo tra Mosca e Kiev (sempre che lo vogliano gli oligarchi).

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