Ucraina, c’è la tregua ma si combatte
Ucraina Accuse reciproche tra Kiev e ribelli per nuove esplosioni a Donetsk e Mariupol
Ucraina Accuse reciproche tra Kiev e ribelli per nuove esplosioni a Donetsk e Mariupol
Nel corso di una telefonata intercorsa ieri, i «4 normanni» (Poroshenko, Putin, Merkel e Hollande) hanno ribadito la necessità di preservare la tregua raggiunta a Minsk, ma è chiaro che gli umori tra i protagonisti sono differenti.
Putin è uscito ringalluzzito dalla vittoria militare dei filo russi a Debaltseve, mentre Poroshenko è apparso assai nervoso nell’annunciare la volontà di richiedere la presenza dei caschi blu nell’Ucraina orientale (ipotesi per altro balenata nei giorni precedenti a Minsk dai ribelli e scartata con sdegno da Kiev). Poroshenko ha spiegato che gli eventuali caschi blu servirebbero a garantire la sicurezza «in una situazione in cui le promesse di pace non vengono mantenute», dopo che i soldati ucraini sono stati costretti a ritirarsi ieri dalla città di Debalteseve, ormai controllata dai separatisti.
Nella nottata tra mercoledì e giovedì, la richiesta è stata adottata nel corso di un vertice di emergenza del consiglio nazionale di sicurezza e difesa di Kiev. «La questione è stata discussa ed è stata presa la decisione di appellarci all’Onu ed all’Unione Europea in merito alla composizione di una operazione di peacekeeping e sicurezza in Ucraina», ha dichiarato a nome del Consiglio Olexander Turchynov.
Mosca ha respinto nettamente la proposta del presidente ucraino Petro Poroshenko: «Se il governo di Kiev propone «un altro schema» rispetto alle intese di Minsk, questo potrebbe «distruggere» l’accordo, ha detto l’ambasciatore russo presso l’Onu, Vitali Churkin, citato dall’agenzia stampa russa Ria Novosti.
«Gli accordi di Minsk non prevedono questo contingente, che potrebbe minare l’accordo», gli ha fatto eco il presidente del parlamento di Mosca, Sergei Narishkin. Intanto Eduard Bassurin, uno dei leader dei separatisti filorussi dell’Ucraina orientale, ha ricordato a Kiev di non avere le idee chiare: «Il presidente Poroshenko dice prima di non aver bisogno di aiuto, poi che serve una missione di peace keeping».
Ieri si erano diffuse voci discordanti riguardo la posizione dei ribelli circa la possibile presenza dei caschi blu. Non tutti i leader dei ribelli filorussi – infatti – hanno boccito l’idea.
«Fin dall’inizio, quando è cominciato questo conflitto, avevamo suggerito alla Russia e agli altri paesi presenti nel consiglio di sicurezza dell’Onu, di considerare la questione dell’invio di peacekeeper lì. Ci fu opposto un rifiuto. Se ora vogliono mandarli, non siamo contrari, lasciamo che li mandino», ha dichiarato Basurin, secondo quanto riferito dai media russi.
Su questo tema è probabile si svilupperanno le nuove traiettorie del confronto ucraino. Sulla Bbc, l’esperto di affari diplomatici Jonathan Marcus sottolineava che una forza di pace efficace «paradossalmente potrebbe non essere nell’interesse di nessuno», dato che gli «operatori di pace tendono a stabilire confini allì’interno di battaglie in atto», mentre in «Ucraina entrambe le parti probabilmente hanno ulteriori ambizioni sul terreno. I separatisti potrebbero voler avanzare ulteriormente e le forze del governo ucraino di certo ambiscono a riprendersi il territorio che hanno perso». Un’ammissione implicita, su cui sembrano concordare i protagonisti del confronto, circa la fragilità di una tregua fittizia, perché dichiarata ma non rispettata da nessuna delle due parti in causa.
Tanto è vero che ieri ci sono state altre esplosioni in diverse zone delle regioni orientali. A Donetsk, dove i ribelli accusano Kiev di bombardamenti sulla città e Mariupol, dove l’esercito di Kiev accusa i ribelli di un tentativo di sfondamento. Ipotesi credibili, visto il clima e visti i differenti obiettivi. I ribelli non hanno mai nascosto di mirare a Mariupol per arrivare a collegare il Donbass conquistato alla Crimea. I battaglioni neonazisti, come specificato, difficilmente accetterrano un paese diviso in due.
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