Aerei spia che ricordano in pieno la guerra fredda e conflitto vero, con tanto di missili balistici posti al di fuori della roccaforte da assediare. L’Ucraina – fin dal principio dell’escalation della sua crisi – è stata al centro di trame mondiali. Da una parte la Nato, con centinaia di agenti e funzionari Usa a Kiev già durante la cacciata di Yanukovich; dall’altra la Russia, che accusò subito il nuovo governo di colpo di Stato e in grado di accaparrarsi la Crimea e infine, un’Europa confusa, perfino nel decidere l’entità delle sanzioni e incapace di porsi nella crisi in modo autonomo, rispetto ai diktat giunti da Washington.

Non stupisce dunque l’ammissione arrivata da funzionari americani, che hanno confermato il volo, il 18 luglio scorso, di un aereo spia sul cielo internazionale, nei pressi di Kaliningrad, l’enclave russa tra Polonia e Lituania, dove si trova un importante porto della flotta russa del Baltico.
L’Rc-135 dell’Aeronautica Usa, un velivolo utilizzato per la sorveglianza elettronica, si sarebbe trovato di fronte alcuni caccia russi. Per questo si sarebbe gettato nello spazio aereo svedese, per sfuggire ai perfidi rivali. La Svezia non è un membro della Nato e il Comando militare Usa in Europa ha spiegato che la decisione di trovare «rifugio all’interno dello spazio aereo del Paese è stata presa in «maniera errata». L’aereo Usa infine ha lasciato la Svezia, ma solo dopo che i controllori di volo svedesi hanno informato dell’errore i piloti statunitensi. Washington e Stoccolma collaboreranno per «prevenire eventi simili», hanno detto.

Ma intanto il fatto è avvenuto, quando ancora non si capisce chi possa avere abbattuto l’aereo malese. Di sicuro si sa che il cielo sopra quello spicchio di Ucraina, non era propriamente vuoto. Si tratta inoltre di un evento che indica alcuni elementi salienti di tutta la vicenda: l’interesse Usa a capire le mosse di Mosca, l’importanza della posta in palio, la valanga di fatti che dal dicembre scorso si accavallano nel Paese, non ultimo le polemiche sull’abbattimento dell’aereo e le reazioni russe alle sanzioni (ieri la Germania avrebbe annunciato di voler rinunciare ad un vasto progetto di equipaggiamenti militari concluso tra l’industria di armamenti Rheinmetall e la Russia, già sospeso da marzo a causa della crisi ucraina).

E nel frattempo, mentre continuano a morire civili nei bombardamenti, Donetsk, città di un milione di abitanti dell’Ucraina orientale e roccaforte dei filorussi, è sottoposta all’assedio dell’esercito nazionale di Kiev.
Ieri, a metà pomeriggio, il governo della capitale ha infatti ordinato alla popolazione di abbandonare la città. I comandi militari ucraini hanno comunicato «di aver aperto dei corridoi umanitari per consentire l’evacuazione della città».

Stando alla versione delle autorità di Kiev, riportate dalle agenzie, i miliziani starebbero ordinando ai civili d’imbracciare le armi contro i soldati ucraini e ci sarebbero notizie di rapimenti, uccisioni e abitazioni espropriate dagli insorti.

Quella di ieri potrebbe risultare una giornata favorevole all’esercito nazionale, perché poco prima dell’annuncio di una sorta di assalto finale su Donetsk, l’esercito ucraino aveva sostenuto di aver riconquistato la città di Iasinuvata, a circa 20 chilometri a nord di Donetsk. «La liberazione della città – ha detto il portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa di Kiev, Andrii Lisenko – ha permesso di avvicinarsi a Donetsk da nord e di chiudere uno dei canali più importanti di forniture d’armi e di mezzi militari».

I filorussi sono considerati dal governo di Kiev vicino alla capitolazione, come sostenuto domenica dal ministro della Difesa ucraino Valeri Gheletei che in un’intervista alla Bbc ha dichiarato che «la vittoria delle forze ucraine è vicina», stimando il numero dei «separatisti» in 15mila uomini.

Kiev ha nuovamente accusato Mosca di fornire armi e mercenari alle forze ribelli e ha confermato che negli ultimi mesi, la popolazione ucraina avrebbe versato oltre 8 milioni di euro nella raccolta fondi per le forze armate.