Il primo dell’anno si è aperto con un rebus per il South Africa’s Hawks, l’unità speciale anticrimine che sta seguendo le indagini sul corpo dell’ex capo dell’intelligence ruandese Patrick Karegeya – in esilio politico nella Nazione Arcobaleno dal 2007 – ritrovato sul letto di una stanza del Michelangelo Towers, lussuoso albergo di Johannesburg.
In assenza di ulteriori dichiarazioni da parte della polizia sudafricana e della presidenza ruandese, il collo gonfio, il ritrovamento di un asciugamano insanguinato e di una corda fanno suppore che l’ex colonnello sia stato assassinato. Ipotesi avanzata dal partito d’opposizione, il Rwanda National Congress, i cui alti funzionari – in maggioranza – vivono in esilio: «Uccidendo i suoi oppositori, il regime criminale di Kigali cerca di intimidire il popolo ruandese». Secondo quanto dichiarato dal coordinatore del partito Theogene Rudasingwa in una telefonata da Washington all’Associated Press e da un collega di Karegeya in esilio, l’ex capo dell’esercito ruandese Faustin Kayumba Nyamwasa, Karegeya avrebbe dovuto incontrare qualcuno che veniva da Kigali.
Intanto le testimonianze di altri esiliati ruandesi in diversi Paesi occidentali, tra cui Regno Unito e Stati Uniti, già messi in guardia sui tentativi di assassinio tramati dal loro governo, non fanno che avvalorare la tesi secondo cui il governo di Kagame – che nega – si adopera per eliminare i suoi oppositori.
Karegeya e Nyamwasa, ex alleati di Kagame e fondatori del Rwanda National Congress, erano tra i quattro ex alti funzionari in esilio per i quali il Ruanda aveva emesso mandati di cattura internazionali nel 2011, dopo una condanna in contumacia a lunghe pene detentive per aver minacciato la sicurezza dello Stato.