Un Brexit per Halloween, gli sceneggiatori della Ue hanno scritto una trama degna di UbuRoi(e Jarry ha anche scritto un Ubucocu– cornuto, e un UbuEnchaîné– incatenato) con la Gran Bretagna che si prepara a partecipare alle elezioni europee del 23-26 maggio, due anni e mezzo dopo aver votato per uscire dall’Unione. Un ennesimo Consiglio europeo dedicato al divorzio della Gran Bretagna si è concluso nella notte a Bruxelles, dopo ore di tensione, anche tra i 27. Il Consiglio ha deciso e Theresa May ha approvato una nuova “estensione” dell’articolo 50, fino al 31 ottobre, dopo aver bruciato le tappe precedenti, la scadenza del 29 marzo e la prima estensione al 12 aprile, cioè oggi. May aveva chiesto il 30 giugno, ma i 27 hanno giudicato i tempi troppo brevi, visto che a Londra non riescono a mettersi d’accordo e a decidere cosa vogliono fare, se intendono restare nell’unione doganale per il periodo di transizione (fine 2020), evitando scossoni nella circolazione umana e negli scambi commerciali con la Ue, se intendono continuare a rispettare i diritti dei lavoratori e le norme ambientali, oltre ad evitare i rischi di ripresa di tensioni tra le due Irlande, in attesa di trovare una soluzione sulle relazioni future. La data del 31 ottobre ha un vantaggio, è la vigilia dell’insediamento del nuovo futuro presidente della Commissione, cosi’ la Gran Bretagna non avrà un commissario, evitando un’altra situazione grottesca.

La Gran Bretagna ha ancora varie possibilità: se Theresa May riesce a far passare a Westminster prima del 22 maggio l’accordo concluso con la Ue dopo due anni di negoziati, già bocciato tre volte ai Comuni, la Gran Bretagna uscirà il 1° giugno con un soft Brexit e eviterà di convocare le elezioni europee previste in quel paese il 23 maggio. Se la Gran Bretagna non approva l’accordo, ma rifiuta di convocare le elezioni, uscirà obbligatoriamente con un no deal il 1° giugno. In caso contrario, Londra ha tempo fino al 31 ottobre per indicare cosa intende fare, ma i paesi Ue sottolineano che, in linea di massima, non ci sarà una nuova estensione oltre quella data, anche se in molti, Germania in testa sostenuta dal presidente del Consiglio Donald Tusk, avrebbero voluto concedere tempi più lunghi, fine 2019 o addirittura un anno, quasi a metà 2020. I 27 insistono sul fatto che l’accordo di ritiro “non puo’ essere rinegoziato”. Alla Gran Bretagna viene chiesto gentilmente di “agire in modo responsabile e costruttivo durante il periodo di estensione”, di mostrare “sincera cooperazione”, di “astenersi da ogni misura che possa mettere in pericolo gli obiettivi dell’Unione”, in particolare i 27 pensano al prossimo bilancio 2021-2027.

La Ue non esclude nessuno, ha più volte ripetuto il negoziatore Ue Michel Barnier, “il no deal non sarà una decisione Ue, sarà sempre responsabilità della Gran Bretagna di dire cosa vogliono”. Il no deal resta possibile, ma la delicata questione irlandese spinge a trovare un’altra via d’uscita: il ritorno alle frontiere tra le due Irlande è esplicitamente escluso dagli accordi di pace del 1998 e qui c’è un rischio di guerra. Il fronte “duro” – Francia, Belgio, Lussemburgo, Austria, Spagna – avrebbe voluto maggiori “garanzie” dalla Gran Bretagna, in seguito alle minacce dell’ala dei Brexiters di trasformarsi in un cavallo di Troia e rendere “un inferno” la vita della Ue, diventata per loro un hotel California da cui è impossibile uscire. La Ue aveva chiesto alla Gran Bretagna un progetto politico preciso – accordo con l’opposizione, elezioni anticipate, nuovo referendum – ma quando mercoledi’ sera Theresa May si è presentata a mani vuote, ha concesso una nuova estensione. Macron si accontenta, parla di “miglior compromesso”: “per la prima volta da due anni e mezzo May ci ha assicurato di aver avviato un dialogo con il Labour” e che cosi’ potrà ottenere una maggioranza per votare l’accordo. “Non so se riuscirà” ha ammesso Macron, ma la data del 31 ottobre “ci protegge” e lascia aperte molte soluzioni, che passando per l’approvazione dell’accordo di fine 2018 vanno dal no deal all’annullamento del Brexit. “Abbiamo mantenuto l’unità dei 27 e questo è il punto più importante” ha detto Angela Merkel, la Germania non vuole scontri, perché pensa agli affari e agli scambi commerciali. Tusk suggerisce a May: “non sprecate il tempo supplementare”. L’ala conciliante, Tusk in testa, pensa sempre alla possibilità in ultima istanza di una rinuncia britannica ad uscire dalla Ue. Intanto, ultimo paradosso, se la Gran Bretagna partecipa alle elezioni europee, ci sono maggiori possibilità per lo Spitzenkandidat socialdemocratico, Frans Timmermans, di diventare presidente della Commissione (grazie alla presenza dei deputati Labour).