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Tutto il pomeriggio davanti al lago

Fulmini e saette Eftimios  7/41. Cercavamo una terra per una casa, era il 1976. Avevamo già perlustrato i dintorni di Roma verso est, la Salaria, e la Nomentana – ricordo una casetta vuota […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 12 maggio 2018

Eftimios  7/41.

Cercavamo una terra per una casa, era il 1976.

Avevamo già perlustrato i dintorni di Roma verso est, la Salaria, e la Nomentana – ricordo una casetta vuota a un passo dai binari della ferrovia, poi verso sud, poco – i latini sono chiassosi, e verso ovest, l’Aurelia fino a Cerveteri. Restava il nord, l’Etruria meridionale. Ci arrivammo con un’amica di Alexandra, madre di Eftimios e Nefeli. Lasciamo la Cassia prima di Sutri, a sinistra, poi a destra, una strada sterrata che sale s’imbuca dentro un bosco e poi, di colpo, esplode di lato a noi il lago di Bracciano, una striscia di terra, il mare!

Sotto una quercia generosa, traspirante, mangiamo la ‘sugla’ alla cipriota del padre di Alexandra –  ‘pappù’ lo chiamavano Nefeli ed Eftimios, sfiorati dalla brezza che arriva dal Tirreno. Siamo sulla cima dei Monti Sabatini, a sinistra guardando il lago un bosco, a destra, più lontano, un crinale di alberi alti, dietro, la vallata cimina distesa fino ai piedi dell’Appennino, sopra, il cielo stupetatto. Fiori, sterpi, uccelli, mucche al pascolo brado, e greggi completi di sardi. C’è poco distante una quercetta, i nostri ragazzini vi si arrampicano. Lei grida tutto il pomeriggio, lui osserva tutto.

Ci guardiamo più volte in silenzio, Alexandra ed io. È il posto per piantarci una casa e viverci, dentro, intorno? Assemblea. “Che ve ne pare?” “Una casa qui? Sì!” Passeggiamo, prima di tornare in città. Una fonte zampilla ai piedi del bosco, le impronte dei cinghiali nel fango, e nel prato dell’altopiano un serpentello mummificato da un incendio. Un corbettino, lo riconosco dalle quattro minuscole zampette. Incurvato fino a formare il numero arabo otto, ma se si sdraia il numero otto diventa il numero dell’infinito, ci hai, ci avete mai pensato?

Quella quercetta ora è una quercia, i boschi sono cambiati poco, il lago ancora meno, il mare niente visto da lontano, non parliamo del cielo. Eh sì, il tempo passa, ma non per tutti nello stesso modo con la medesima velocità. Se capiti, se capitate da quelle parti, e sentite gridare una ragazzina, e al suo fianco vedete un ragazzino che osserva tutto e finge di non vedervi, ecco il posto. C’è anche una casa, grande, ora mai troppo grande. A vederla bene si capisce che è vuota. I ragazzini e le ragazzine preferiscono le querce, meglio se piccole.

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