Tutto il calcio e anche il resto, alla radio
L'anniversario Nel 1921 la prima radiocronaca della storia, un incontro di boxe di Johnny Dundee, a Pittsburgh; a cento anni di distanza, la voce gracchiante continua a essere un punto di riferimento per gli appassionati, nonostante i continui (e sprecati) requiem che aleggiano sulla sua testa
L'anniversario Nel 1921 la prima radiocronaca della storia, un incontro di boxe di Johnny Dundee, a Pittsburgh; a cento anni di distanza, la voce gracchiante continua a essere un punto di riferimento per gli appassionati, nonostante i continui (e sprecati) requiem che aleggiano sulla sua testa
La radiocronaca sportiva compie cento anni e gode di ottima salute. Il primo avvenimento sportivo è stato raccontato al microfono nel 1921 in occasione di un incontro di boxe svoltosi a Pittsburgh, negli Stati Uniti. Sul ring il pugile italoamericano Johnny Dundee, al secolo Giuseppe Carrora nato a Sciacca, in Sicilia. Da allora, lo sport raccontato alla radio ha conquistato in tutto il mondo fette di ascoltatori sempre più ampie, e negli anni a venire il racconto epico delle gesta sportive ha acceso la fantasia degli ascoltatori.
Il giornalista e scrittore polacco Ryszard Kapuscinki, inviato di guerra nel continente nero tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, ricordava che quando giocava Eusebio, calciatore eccelso del Benfica nato a Maputo in Monzambico, cessavano gli spari tra i soldati dell’esercito di liberazione del Paese africano e i militari portoghesi del dittatore Salazar, che del Monzambico aveva fatto una colonia dell’impero portoghese, perché tutti protesi con l’orecchio agli amplificatori. Tra le parti vi era un tacito accordo e gli spari riprendevano solo dopo la fine della radiocronaca, che raccontava quello che avveniva sul triangolo verde a migliaia di chilometri di distanza.
Coloro che pochi anni fa avevano decretato la morte delle radiocronache sportive a seguito della pay Tv, devono ricredersi. Gli italiani che preferiscono la radiocronaca degli avvenimenti sportivi aumentano sempre più, stufi dei problemi tecnici di Dazn, delle continue interruzioni delle partite di calcio in corso per dare spazio alla moviola o al Var. Sempre più appassionati di sport scelgono le descrizioni dettagliate del radiocronista, che accentua i particolari e stimola la fantasia dei radioascoltatori. Due allenatori italiani conosciuti in tutto il mondo come Fabio Capello e Carlo Ancelotti, quest’ultimo alla guida del Real Madrid, sono soliti vedere le partite in Tv a volume spento, preferendo la voce concitata ed emozionata del radiocronista, che descrive le azioni in ogni particolare.
A favorire la fuga degli appassionati di sport dalla televisione alla radio ha contribuito anche il fatto che gli stadi prevedono un numero di spettatori ridotto sugli spalti, a causa delle norme anticovid, per i tifosi di calcio un motivo in più per viaggiare durante il week-end e ascoltare le radiocronache degli incontri in auto. La radio è gratuita, non occorrono abbonamenti preventivi, si può accendere in qualsiasi momento quando si è alla guida dell’auto e si possono seguire gli eventi sportivi in tempo reale. Gli stadi semideserti, in nome dello spettacolo calcistico sono vissuti in una dimensione del tutto anomala, privi della componente più vitale intorno al rettangolo verde, quella costituita dai tifosi con le loro coreografie e i loro canti, mentre la radio appassiona e trasmette emozioni grazie alla voce del radiocronista, che sostituisce le immagini.
Secondo i dati appena pubblicati dal Tavolo editori radio (www.tavoloeditoriradio.it) riguardo alle trasmissioni radiofoniche del primo semestre del 2021, le radiocronache sportive trasmesse nella fascia serale dalle 18 alle 21 della domenica, che coincide con il rientro dai week-end, aumentano la percentuale degli ascoltatori. Un dato positivo, frutto anche di un vasto palinsesto offerto dai canali nazionali e privati, che abbraccia non solo il calcio, ma anche le altre manifestazioni di sport.
Chi conosce la radio per aver trascorso 40 anni al microfono è Riccardo Cucchi, allievo di Ameri e Ciotti, e voce storica di Tutto il calcio minuto per minuto: «Non mi stupisce questo passaggio di ascoltatori dalla Tv alla radio. Ho sentito più volte pronosticare la morte della radio, ma non è mai avvenuta, anche quando nel 1990 sono nate le prime piattaforme televisive. La radio non muore per due ragioni: penso che la partita ascoltata alla radio abbia un fascino straordinario, è capace di emozionare più di un match che si vede in televisione. Se non ci sono le immagini saranno le suggestioni provocate dal racconto del radiocronista a emozionare con maggiore intensità. A parte questo aspetto più romantico, l’abbonamento alle piattaforme televisive, che negli ultimi tempi si sono moltiplicate, comporta costi sempre più elevati. Oggi per vedere tutto il calcio di serie A, di serie B e le Coppe, è necessario avere più di un abbonamento. La crisi finanziaria di questo Paese, le difficoltà economiche delle famiglie ci dicono che vi sono altre priorità. Non dimentichiamo che la radio è gratuita, si accende e si ascolta. Il successo delle radiocronache sportive è dato anche dalla trasformazione del segnale televisivo in streaming. Dazn quest’anno ha avuto una serie di difficoltà oggettive, per gli abbonati non è semplice vedere le partite in streaming, è molto complicato anche da un punto di vista tecnologico. Il sistema non ha funzionato anche se ci auguriamo che possa migliorare in futuro. Questo contesto ha portato molti alla riscoperta della radio».
Le pay Tv offrono anche immagini sezionate, riproposte un’infinità di volte, angolazioni diverse e dopo partita caratterizzati da polemiche sui singoli aspetti di un’azione di gioco. «Sospetto che la gente sia anche stufa dell’eccesso di immagini, ormai è cambiata anche la narrazione del calcio – continua Cucchi- penso che alla radio ci sia meno attenzione ai replay, alle polemiche su rigore sì o rigore no, si ragiona sui contenuti tecnici della partita, sulla bellezza di un’azione, piuttosto che radiografare il comportamento dell’arbitro.
Ritengo che la televisione abbia commesso un grande errore nel corso di questi anni: ha concentrato la sua narrazione durante e soprattutto nel postpartita. Una scelta che non solo non ha pagato in termini di ascolto, ma penso che abbia provocato anche un impoverimento culturale. Infatti, coloro che sono abituati alla narrazione televisiva, alla fine dei 90 minuti di gioco si concentrano sugli aspetti singoli, se l’arbitro ha fischiato o meno, se è andato o no al Var, piuttosto che sulla partita realmente svoltasi sotto i nostri occhi».
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