Visioni

«Tutto è politica», l’anima sperimentale e comunitaria dei Tout Bleu

«Tutto è politica», l’anima sperimentale e comunitaria dei Tout BleuTout Bleu – foto di Diego Sanchez

Intervista Incontro con la fondatrice del gruppo Simone Aubert, dagli squat di Losanna al festival di Santarcangelo passando per la scena do it yourself ginevrina

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 luglio 2023
Marco De VidiSANTARCANGELO DI ROMAGNA

Ci sono gli archi, un violino e un violoncello, sintetizzatori, basi elettroniche e una chitarra elettrica che si muovono su poliritmie. Sulla musica avvolgente, sulle atmosfere mutevoli, si staglia il cantato etereo, una voce che pare comunicare direttamente con le lontane orbite spaziali. A fine concerto, i quattro componenti della band scendono dal palco per esibirsi in un brano jodel, il canto tradizionale delle Alpi svizzere, in un coro polifonico. Accade tutto questo, durante il concerto dei Tout Bleu, band di Ginevra che ha mostrato la sua anima sperimentale al pubblico di Santarcangelo, sotto il tendone di Imbosco, spazio reinventato all’ultimo momento vista l’inaccessibilità del parco Baden Powell dopo l’alluvione di maggio.

«Suonare vuol dire anche creare una rete con persone con cui si condivide un modo di fare»Simone Aubert
Tout Bleu è nato come il progetto solista di Simone Aubert, musicista che in vent’anni di carriera ha fatto di tutto, suonando la batteria in gruppi punk e girando per gli squat d’Europa, per passare con la più grande naturalezza alla composizione sperimentale, collaborando con ensemble di musica contemporanea. Con Tout Bleu tutto è cominciato al Cave12, locale ginevrino che una sera al mese, da almeno vent’anni, dà carta bianca a chiunque voglia esibirsi, con l’unica condizione di presentare qualcosa di assolutamente inedito. «Ho deciso di salire su quel palco da sola e la cosa mi spaventava enormemente», ricorda Aubert. Le prime registrazioni sono diventate un disco, prodotto dal musicista di elettronica Pol. Con l’idea di inserire nuovi suoni e strumenti, la band si allarga, fino ad arrivare alla formazione attuale, che comprende il musicista italiano Luciano Turella e la violista Naomi Mabanda, che fa parte anche della dinamicissima Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamps.

«PER ME tutto nasce semplicemente dall’incontro con le persone, con cui creiamo delle cose come in simbiosi», riflette Aubert. «Quello che accade non è mai ciò che mi aspetto, è sempre qualcos’altro. La cosa importante è essere aperti a ciò che arriva. Amo quando questo succede».
La grande libertà di questa musicista è legata anche all’approccio radicale e indipendente vissuto fin dall’inizio. «Ho occupato il primo squat a Losanna quando avevo vent’anni, l’Oasis», racconta Aubert, «e lì ho imparato come organizzare i concerti e a vivere in modo comunitario. Qui ho anche incontrato i musicisti della mia prima band punk, in cui suonavo la batteria, con cui ho girato l’Europa per sette anni. Ho scoperto, soprattutto, che fare musica vuol dire anche creare una rete con persone che amano un certo modo di fare le cose: è uno spirito condiviso, è un fatto politico. Questo aspetto politico nella musica per me è fondamentale: ogni cosa è politica, e questo vale per tutto quello che faccio».

TRA I SUOI diversi progetti avviati dopo aver cambiato città il duo Hyperculte in cui suona la batteria, il trio di musiciste punk Massicot in cui è chitarrista, quello che colpisce è la grande vivacità della scena ginevrina. «Qui c’erano tantissimi posti in cui suonare, e tutto era do it yourself, quindi non c’entravano i soldi, anche perché vivevamo in spazi occupati, e riuscivamo ad avere vite dedicate all’arte, in modo molto facile». Il tema dell’ultimo disco della band, Otium, rappresenta una critica profonda alla società contemporanea, ossessionata dai soldi e dal lavoro, dal negotium, contro cui va rivendicato uno spazio diverso, di espressione libera e non monetizzabile. Un approccio che sembra trovare ancora riscontro nella ricchissima città svizzera. «Se pensiamo alla dimensione della città, è davvero incredibile che ci siano così tanti musicisti a Ginevra. Resta traccia di quella scena diy, molti dei locali e dei musicisti di oggi vengono da lì. Parliamo tutti la stessa lingua, anche se oggi paghiamo l’affitto».

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