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Tutti in pista con il metodo Borney

Andrea BorneyQui e in pagina, foto di Giacomo Buzio

Intervista Il maestro che insegna lo sci a persone con disabilità attraverso metodi e supporti innovativi

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 2 marzo 2024
Farian SabahiCOURMAYEUR

«Lo sci è bellissimo, ma vorrei andare in snowboard! Così mi disse Giada, una diciottenne di Aosta con una paralisi cerebrale infantile. A quel tempo non esistevano ausili per andare in snowboard con la sua disabilità, e allora decisi di adattare la tecnologia dl Trotti ski». Così racconta il maestro di sci Andrea Borney, facendo riferimento a quell’attrezzo che consente di praticare lo sci in posizione eretta, favorendo la circolazione negli arti inferiori e il riposizionamento degli organi interni e della colonna vertebrale. «Con mio padre, appassionato di bricolage e attrezzato con una saldatrice e dei ferri, abbiamo iniziato a costruire un prototipo per disabili, completamente diverso rispetto allo sci. Ho chiesto a mia figlia Elodie, che aveva otto anni e andava in snowboard, di provare l’ausilio in pista. Abbiamo fatto qualche tentativo, è stato tutto molto veloce».

In paese a Courmayeur pioviggina, in quota nevica. Ci incontriamo sulle piste, all’arrivo della funivia di Val Veny, nella baita dove Loredana Savoye, consorte di Borney, affitta l’attrezzatura agli sciatori. Sono vent’anni che hanno fondato l’associazione ‘Sport per tutti’ per aiutare attraverso lo sport e i suoi valori educativi le persone in condizione di fragilità intesa come disabilità, disagio sociale, problemi psichiatrici. Numerose le sinergie, anche oltre frontiera: «Con l’associazione francese Handy Evasion della Tarantaise abbiamo organizzato diversi gemellaggi ed escursioni con le joëlette, quelle carrozzine monoruota che permettono l’accessibilità ai sentieri di montagna. Quindici anni fa siamo stati i primi ad averle in Italia, ora sono diffuse ovunque».

L’associazione francese ha permesso a Borney di conoscere Marc Gostoli, pioniere della personalizzazione dell’insegnamento allo sci per le persone con disabilità. È stato Gostoli a domandarsi: se una persona con disabilità è in grado di stare in piedi, che senso ha farla sciare da seduta? Gostoli ha così sviluppato il «Trotti Ski», oggi commercializzato con il nome di «Go to Ski» perché viene usato non solo dalle persone con disabilità ma da tutti, diminuendo i tempi di apprendimento. Con il progetto fondo sociale europeo «Scio anch’io», l’associazione valdostana Maestri di Sci ha dato avvio a un progetto a regia regionale con cui si è riusciti a riprendere la specializzazione del maestro di sci per persone con disabilità attraverso ausili innovativi.

Cinquantasei anni, un passato nella Polizia di frontiera, laurea in Scienze motorie e diverse specializzazioni, oggi Borney si dedica all’insegnamento dello sci alle persone con disabilità. Il suo obiettivo è aiutarle affinché la montagna non rappresenti una barriera ma un’opportunità, coinvolgendole fin dalla più tenera età. Ogni stagione, sono 400 le ore di lezione impartite a tanti bambini e anche a qualche adulto con disabilità, fisica e mentale in uguali proporzioni. Per le famiglie il costo è di 55 euro all’ora, l’affitto dell’attrezzatura è incluso. Gli ausili sono una ventina, adatti a ogni tipo di handicap: «Abbiamo diversi modelli, acquistati da produttori francesi come Tessier, specializzato nel sitting, e Snowskut che produce il Go to ski». Altre attrezzature sono prodotte localmente da Borney grazie a una stampante 3D costata 25mila euro e a innumerevoli sperimentazioni in diversi materiali, tra cui l’alluminio anodizzato.

«A essere determinante è stato il fatto che gli operatori delle seggiovie, abituati a vedermi sciare con disabili, non mi abbiano mai fatto storie», osserva Borney. È infatti responsabilità degli impianti concedere o meno il transito di un ausilio, la normativa non è chiara e varia da regione a regione, da Stato a Stato, anche per l’insegnamento: «In Valle d’Aosta soltanto un maestro di sci specializzato può portare in pista persone con disabilità. In altre regioni non vi è questo limite». Dopo aver testato con la figlia Elodie l’ausilio per consentire ai disabili di praticare lo snowboard, Borney ha proposto l’esperienza a Daniela. Sedici anni, è di Saint Pierre ed è affetta da una paralisi cerebrale infantile molto grave, con tetraparesi spastica, non in grado di deambulare: «Nel mondo della disabilità vi sono mamme che vedono lo sport – e ancor più la montagna – come una minaccia. Altri genitori si mettono invece in gioco, ed è il caso della mamma di Daniela».

Poco per volta, Borney ha costruito un rapporto di fiducia con le famiglie e le istituzioni, ottenendo una serie di finanziamenti. Dall’insegnamento alla competizione il passo è breve: «Eravamo a fine stagione, sulla pista dell’Aretù si stava disputando un gigante parallelo e ci siamo detti: dai, andiamo a fare la gara! Mia figlia è scesa in un tracciato, Daniela ed io nell’altro. Un amico ha fatto un video con cui sono andato all’associazione maestri e all’agenzia del turismo, ho proposto la figura del maestro di snowboard specializzato nell’insegnamento alle persone con disabilità. È un mondo molto vario, con le paraolimpiadi di Torino del 2006 abbiamo iniziato a conoscere le realtà delle competizioni. Nell’ambito della disabilità intellettiva dal 4 all’8 marzo al Sestriere e a Pragelato si terranno i XXXV Giochi Nazionali Invernali Special Olympics. Salire sul podio è un tassello in un percorso. Andranno ai mondiali non i migliori, ma chi ha fatto un passo importante nella crescita e nell’autonomia dalla famiglia», conclude Borney.

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